A new monithon at the International Journalism Festival in Perugia

A new “monithon” is coming at the International Journalism Festival 2014. Meet us at the 2nd #ijf14 hackathon to unleash the power of open data and citizen journalism, and come investigate how the city of Perugia spends its public funds.

During the event, a curious crew of monithoners will mash, remix and play with the information from OpenCoesione – the national open data portal on EU and national policies for development and cohesion. Our idea is to start from a selection of ICT projects funded by EU Structural Funds and reveal whether there are inconsistencies behind the projects for public wi-fi hotspots in Perugia.

According to the official data from OpenCoesione, the project should have been completed by December 2013. Yet, the city has so far used only 60% of the total funding available. During the Festival everyone will be busy tweeting, writing emails and sharing on the web the latest conference highlights: all thanks to our 3G signal. But what’s the money flow behind Perugia’s public wi-fi hotspots?

This starting question intertwines with many other issue that can find an answer through the OpenCoesione portal. We could expand on Perugia’s other 3500 EU funded projects, or explore national ICT projects aimed at the improvement of technology diffusion in schools, or at the development of a broadband network… The options are endless; the projects on OpenCoesione are 749,112; the financed amount reaches 74.9 billion euros and the money flows in the hands of 73,898 subject.  Some examples:

 We have the big data, now we need the big brains: if you want to join the forces with our crew of citizen monithoners, meet us at the Hotel La Rosetta, from 9 am to 6pm. 

The programme of the day.  In the morning we will do background research to decide on which are OpenCoesione’s most interesting projects to monitor. Then, after lunch, we plan to physically walk around the city to visit these projects, do interviews, collect data and shoot photos and videos. At the end of the day we will organize all the evidence in a “citizen monitoring report” and upload it on monithon.eu. Saturday morning, all the participants of the monithon event will report the main findings in a dedicated panel.

For info and updates:

 

Photo by Stefano Parmesan

2 Maggio: Monithon al Festival del Giornalismo di Perugia

Nuovo Monithon in arrivo per il Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia. Se siete interessati a monitorare come sono stati spesi i fondi europei nella città di Perugia, vi aspettiamo il 2 maggio presso l’Hotel Rosetta che, dalle 9.00 9.30 alle 18, sarà sede di un hackathon giornalistico, organizzato da DataNinja, DataMediaHub in collaborazione con il quotidiano La Stampa (Informazioni dettagliate sull’evento qui). I gruppi di lavoro opereranno su questi temi: mafia, sanità, performance delle imprese con i dati Istat, ricerca e innovazione.

Il gruppo Monithon partirà come sempre dal territorio alla ricerca dei progetti finanziati con fondi europei pubblicati su OpenCoesione.

Il tema scelto per il Monithon perugino. Quelli del Festival di Giornalismo sono giorni di intenso scrivere, twittare e condividere online correndo tra una conferenza e l’altra. Chissà quanti dei partecipanti hanno aggiornato i loro blog trasportati dalle scale mobili all’interno della Rocca Paolina.

Tra i progetti finanziati nel territorio perugino abbiamo quindi scelto per questa giornata il tema dell’Agenda Digitale, ovvero come sopravvivere al Festival Internazionale di Giornalismo senza il 3G?

Tra i progetti finanziati nel territorio di Perugia spiccano infatti quelli dedicati a questo tema:

    • E’ in corso di realizzazione a Perugia e Terni un progetto per la sperimentazione e diffusione di un modello per la realizzazione di una rete WiFi pubblica composta di HotSpot per l’accesso gratuito a Internet.  Qui la mappa degli Hotspot cittadini.

Ma il tema “digitale” è solo una proposta! Chiunque può proporre un progetto pubblico a Perugia a partire dalla lista dei progetti di OpenCoesione. Nel Comune di Perugia ci sono oltre 3500 progetti di sviluppo finanziati da fondi europei e nazionali tra cui scegliere!
Ad esempio, passeggiando per la città, vi siete mai accorti che questi luoghi beneficiano dei fondi europei?

Il programma della giornata. Le attività previste per il workshop saranno quelle di una vera redazione: ricerca “desk” al mattino e visita sul campo a pomeriggio con interviste e raccolta di materiale fotografico e multimediale. A fine giornata pubblicheremo insieme il materiale raccolto sottoforma di report di monitoraggio utilizzando la piattaforma www.monithon.eu.

Sabato 3 Maggio alle 12 i partecipanti al Monithon racconteranno le attività svolte in un panel dedicato.

Per maggiori informazioni e aggiornamenti:

 

Photo by Stefano Parmesan

Monithon Museo Egizio di Torino: appunti e riflessioni

Pubblichiamo qui appunti e riflessioni della community di Monithon Piemonte che, a partire dalla maratona di monitoraggio del 22 febbraio, ha iniziato ricerche e approfondimenti che hanno portato al primo Report di monitoraggio civico sul progetto di riqualificazione del Museo Egizio di Torino.  Da questa prima esperienza si parte per un’avventura di un gruppo di cittadini che vivono il monitoraggio civico come un modo per integrare con il loro punto di vista le valutazioni ufficiali delle amministrazioni .

Questa è una storia che parte da lontano e che coinvolge un gruppo di persone accomunate da una serie di parole chiave: sviluppo locale, progettazione partecipata, formazione, sensibilizzazione, trasparenza, risorse pubbliche, open data e lavoro di rete. Ognuno nel suo lavoro si rendeva conto (e continua, purtroppo, a farlo), in maniera crescente, del peso sempre più leggero che veniva dato alla valutazione e al monitoraggio dei progetti, dei processi e delle politiche, quasi fossero aspetti accessori. E ognuno di noi era (ed è) invece consapevole del fatto che valutazione e monitoraggio (prima, dopo e durante) sono parte integrante dei progetti perché contribuiscono alla definizione di esigenze ed obiettivi, alla loro eventuale rimodulazione nel tempo; perché sono uno strumento di garanzia rispetto all’uso delle risorse e non solo dei tempi e delle azioni; perché costituiscono la base per l’evoluzione di un progetto/politica/processo; perché forniscono informazioni su come si sta lavorando e come si è lavorato, informazioni basilare per gestire ed impostare nuovi percorsi di lavoro.

La volontà di provare a stimolare un cambiamento (o, per quelli più ottimisti o ambizioni, di produrre un cambiamento) e il contatto con il gruppo di Monithon e OpenCoesione è stata la scintilla che ha innescato la volontà di avviare ragionamenti e confronti (e qualche volo pindarico) sulla costituzione di un gruppo di Monithon piemontese.

A questo punto la voglia di fare (e la scadenza del 22 febbraio) ha consentito di accelerare i tempi e così si è deciso, in primo luogo, di definire su quale ambito concentrarci: i beni culturali. La cultura è un settore economico, che produce utili e genera occupazione e nonostante in Italia vi sia un patrimonio storico, architettonico e culturale immenso, spesso viene considerato dai decisori, dai media e dai cittadini solo un costo, un settore inutile all’economia e alla nostra vita.

Definito l’ambito abbiamo cercato un progetto da monitorare che rispondesse a tre criteri principali:

  • doveva ricadere sulla città di Torino
  • doveva interessare un bene con valenza internazionale
  • doveva essere un progetto in corso

Consultando il portale OpenCoesione l’attenzione è inevitabilmente caduta sul Museo Egizio di Torino e il suo progetto di “rifunzionalizzazione, ampliamento, restauro e messa in sicurezza del Museo”: torinese, indubbiamente di valenza internazionale e la cui fine lavori prevista era ad un anno circa dal Monithon del 22 febbraio (cfr. scheda progetto su OpenCoesione).

A questo punto l’obiettivo è stato duplice: informare ed aggregare persone interessate ad un monitoraggio civico su questo progetto (usando canali personali, twitter, il sito di Monithon, ecc.) e organizzare la giornata con un incontro con i referenti del progetto seguito dalla visita al Museo.

E dopo?

Conclusasi la giornata di monitoraggio (per la descrizione puntuale degli esiti del Monithon sul progetto del Museo Egizio si rimanda al report di monitoraggio) una serie di riflessioni e pensieri sono scaturite nel corso del momento di confronto post monithon, riflessioni e pensieri così sintetizzabili:

  • L’importanza di imparare a “raccontare” i fondi pubblici. Nella nostra esperienza al Museo Egizio, confermata dalla nostra esperienza professionale e non, è emersa in maniera chiara la difficoltà dei soggetti/enti destinatari di finanziamenti pubblici a raccontare come usano i fondi pubblici, cosa implica l’accesso ai fondi pubblici (in termini di iter, di requisiti, di controlli, ecc.). L’attenzione viene spesso posta esclusivamente sul dettaglio progettuale dell’intervento (fasi, tempi, singole azioni) senza riuscire a collocare la progettualità in una dimensione più ampia come quella della linea di finanziamento alla quale si è avuto accesso. Questa condizione costituisce un fattore di criticità. Una criticità rispetto alla corretta informazione sui progetti. Una criticità rispetto alla valorizzazione del ruolo dei finanziamenti pubblici, delle risorse pubbliche. Una criticità rispetto al senso di responsabilità nell’uso e nel rispetto dei fondi pubblici. Bisognerebbe pertanto, a nostro avviso, definire dei criteri di comunicazione che, accanto ai loghi dei soggetti che finanziano, forniscano indicazioni puntuali ai destinatari dei finanziamenti su quali sono gli elementi funzionali ad una corretta presentazione del progetto, tra cui anche l’obiettivo alla base dell’asse di sviluppo che finanzia l’opera o parte di essa.
  • Sensibilizzare e formare. Il gruppo di Monithon Piemonte è un gruppo eterogeneo per competenze, interessi, professionalità, genere ed età e questa caratteristica ha rappresentato una risorsa importante nel rileggere la giornata perché è stato chiaro, fin da subito, che l’attività di monitoraggio civico, per essere efficace, non solo deve essere accuratamente preparata, ma deve mettere in grado chiunque voglia parteciparvi e/o organizzarlo di avere le informazioni per farlo. Gioca quindi un ruolo strategico la scheda di monitoraggio che deve divenire un vero e proprio strumento di lavoro in grado sia di orientare l’organizzazione della giornata, sia di specificare le informazioni “importanti” che devono essere raccolte, informazioni che possono sembrare “scontate ed immediate” per gli addetti ai lavori (allenati a vedere subito errori sui loghi, nella comunicazioni, nel racconto delle risorse economiche, ecc.) ma che costituiscono patrimonio da apprendere per i “non addetti ai lavori”.

In questa prospettiva un visita di monitoraggio deve consentire, a nostro avviso, di perseguire, in sintesi, i seguenti obiettivi:

  1. monitorare un progetto nel dettaglio, raccogliendo tutte le informazioni strategiche per valutare il ruolo del finanziamento pubblico
  2. sensibilizzare, dando indicazioni sugli aspetti sui quali porre l’attenzione quando si visita un luogo, un progetto (e parallelamente quando si costruisce un progetto, una politica, ecc.
  3. informare e formare coloro che fanno il monitoraggio rispetto agli elementi che devono caratterizzare un finanziamento pubblico, anche in termini di comunicazione e racconto
  4. rendere consapevoli rispetto al valore aggiunto dell’attività di monitoraggio per se stessi, per gli altri e per il progetto
  5. fornire indicazioni su accorgimenti da prendere in considerazione quando si pensa, imposta, realizza e racconta un progetto
  6. suscitare interesse a continuare. L’esperienza di monitoraggio civico ci è piaciuta, e per alcuni si può parlare di vero e proprio entusiasmo, soprattutto per coloro che per professione o cercano di valorizzare le risorse pubbliche e/o trovano negli opendata un fattore strategico. E quando ci si entusiasma, quando si ha l’impressione che la cosa fatta possa essere un piccolo contributo al cambiamento, in positivo, spesso succede di voler continuare, di creare sinergie, di provare a lasciar libero sfogo (o quasi) ai progetti nel cassetto.

E questo clima, questa volontà è emersa in maniera chiara nell’incontro “post monithon” nel corso del quale si è deciso di continuare il lavoro di monitoraggio in particolare sui beni culturali, di continuare a collaborare con Monithon nel definire strumenti di monitoraggio sempre più specifici in funzione dei diversi progetti da monitorare e di provare ad avviare ragionamenti su come amplificare questa esperienza con il diretto coinvolgimento delle scuole.  Abbiamo provato a rimodulare la scheda di monitoraggio standard per rispondere  alle esigenze di monitoraggio civico sui musei ed ne abbiamo testato l’efficacia proprio durante il monithon del Museo Egizio (qui la scheda di monitoraggio dei servizi museali testata il 22 febbraio a Torino).

Forse non tutto sarà immediato, visibile da subito, ma una cosa è certa, la voglia di lavorare su questo tema è divenuta il principale fattore che ci accomuna oltre il fatto di condividere la massima di Bette Reese “Se sei convinto di essere troppo piccolo per essere efficace, allora non ti sei mai trovato nel letto con una zanzara“.

Gruppo Monithon Piemonte

piemonte@monithon.eu

Mappatura dei beni confiscati alle mafie: la visita a Radio Siani (Ercolano)

A volte le cose si incrociano e si sovrappongono, generando cose nuove.

Esiste il progetto Open Pompei . Esiste il progetto Monithon, e dentro Monithon esiste un gruppo di monitoranti che ha deciso di concentrarsi sul tema del riuso dei beni confiscati alla criminalità organizzata. E siccome questa tipologia di beni c’è anche nell’area vesuviana, sulla quale gravita Pompei, e siccome c’é bisogno, per tanti motivi, di dare una spintarella al progetto Open Pompei, perché non unire le tre cose? Ed ecco che una quindicina di persone a vario titolo impegnate sui temi del civic hacking, del monitoraggio civico, degli open data si ritrova in un bel sabato di sole nel centro di Napoli per organizzare un monitoring party su tre beni confiscati alla camorra fra Ottaviano ed Ercolano. Qui il resoconto “tecnico” della tre giorni, della redazione di Monithon.

E infatti: dopo aver fatto un punto generale del perché siamo lì e cosa dobbiamo fare, partiamo. Il Castello della Legalità  di Ottaviano, già abitazione del capo Raffaele Cutolo, accende l’immaginario collettivo di molti, che si dirigono verso quella meta, anche perché il secondo bene da monitorare, il Museo All’aperto , è proprio lì accanto, e si può fare un viaggio solo. Io, Alessia, Betta e Valentina ci dirigiamo invece verso Ercolano.

La nostra meta è Radio Sianiqui si trova il nostro “report di monitoraggio civico” con tutte le informazioni che abbiamo raccolto.

Radio Siani  è una stazione radiofonica gestita da un gruppo di giovani attivisti stanchi di avere paura della guerra di camorra e di vedere il nome del proprio paese comparire sulle prime pagine dei giornali solo per la conta quotidiana di morti ammazzati. La Radio è collocata in un appartamento confiscato nel 2009 all’allora capo emergente di Ercolano.

Il bene da monitorare l’ho quasi scelto io. Avevo 19 anni e studiavo a Napoli quando Giancarlo Siani , un giornalista precario che faceva solo il suo lavoro con più curiosità e scrupolo di altri, fu ucciso dalla camorra con un agguato sotto casa. Ricordo la violenta emozione che mi prese quando lessi la notizia su Il Mattino, quella foto sparata a nove colonne, e la certezza che quel ragazzo poco più grande di me, di cui non sapevo nulla fino a quel momento, sarebbe diventato il mio eroe ed un punto di riferimento costante. Mi è sembrato un segno del destino, poter entrare in un luogo dedicato lui, dopo così tanti anni.

La Ercolano che ci si para davanti – mi spiace dirlo –  è veramente un brutto posto. La strada che percorriamo per arrivare a Radio Siani Radio è un unico susseguirsi di palazzi vecchi, cadenti, slabbrati, scorticati e sporchi. Anche l’androne del palazzo è fatiscente e buio. Per fortuna ad aprirci la porta c’é Giuseppe. Ha una bella faccia pulita su cui ha fatto crescere la barba, forse per provare a sembrare più vecchio (e più temibile) ma ha meno di 30 anni e mi conquista subito. Ci racconta la storia del bene, la lunga sanguinosa guerra di camorra precedente alla confisca, la nascita quasi casuale e poi via via più forte di una coscienza civica cittadina, coagulatasi Intorno a Radio Siani. Ci racconta le molte attività di cui si sono fatti portatori, i laboratori, il lavoro con le scuole, la rete di associazioni civiche con le quali sono collegate. Ci racconta i successi (le mamme di famiglie legate alla camorra che dopo molta diffidenza oggi portano a Radio Siani i loro figli, ” Così almeno sono lì, invece che in mezzo ad una strada “), gli insuccessi (difficoltà a farsi ascoltare dall’Amministrazione, soprattutto) e le speranze, prima fra tutte quella di poter vivere di questo impegno. 

La discussione sui contenuti delle schede, il giorno dopo, si accende di molte visioni diverse. Sentiamo tutti forte la responsabilità di quello che racconteremo e di quello che ci hanno raccontato i gestori dei beni con i quali abbiamo parlato. Fermo restando – come ci ricorda Paola – che l’obiettivo primario di Monithon è quello di mobilitare la coscienza civica dei cittadini, in particolare per il monitoraggio dei beni confiscati alla criminalità organizzata emergono prepotenti alcune esigenze:

  1. Avere maggiori informazioni sui beni confiscati e non ancora assegnati; non solo dove sono e di che tipo sono, ma anche per esempio in che condizioni sono e se ci sono “eredità” scomode quali utenze non pagate o ipoteche;
  2. Avere maggiori informazioni sulle imprese per i lavori di ristrutturazione o di manutenzione; non di rado è capitato che le imprese chiamate a ristrutturare i beni abbiano fatto opera di boicottaggio montando porte o pannelli solari al rovescio, impianti elettrici non a norma, tubi danneggiati e così via. Tempo e soldi buttati e la camorra che è uscita dalla porta per rientrare dalla finestra: l’ideale sarebbe avere una “lista bianca” di imprese dichiarate virtuose sulla base della qualità e puntualità ed economicità dei lavori effettuati.

Lasciamo Napoli con molte idee che ci girano in testa. E – ancora meglio – con un sacco di amici nuovi con i quali rivedersi al più presto. Per andare avanti.

Civic hacking e l’esperienza della memoria

Ci avviamo in una stradina che si arrampica per salire la collina, su il Castello di Ottaviano che da qualche anno ha riconquistato il suo nome. Durante gli anni 80 il Castello Mediceo era, nell’immaginario collettivo, il Castello di Cutolo, quartier generale della NCO. Un immaginario costruito sulle inchieste, i racconti, le storie e rafforzato all’esperienza visiva con il film Il Camorrista di Giuseppe Tornatore, del 1986, che li ambienta alcune scene. Su per la stradina una decina di persone che, poche ore prima, si erano riunite e conosciute con l’obiettivo di monitorare l’assegnazione dei beni confiscati alle mafie attraverso una visione che catalizza forze civiche e che lega il progetto Monithon e Open Pompei. Sono un gruppo di civic hacker, di diversa esperienza, impegnati a praticare gli open data e a monitorare l’impiego dei fondi europei. Si muovono spinti da una curiosità intellettuale sulle forme e i processi capaci di “rendere abili” il più vasto numero dei cittadini su questi temi. Con lo stesso spirito, parte del gruppo qualche settimana dopo si ritrova a sorridersi Bologna, a Spaghetti Open Data 2014.

Su per la salita queste forze vengono confortate dalla presenza del castello, perchè la strada di accesso che porta al parcheggio, cantierizzata e forestizzata, continuava a restituire la sensazione di aver sbagliato direzione e ad ammonire che di li a poco, si sarebbe tornati indietro a chiedere le indicazioni. Occhi, orecchie e mani, supportati da macchine fotografiche, telecamere e taccuini,  vengono accolti nel presidio di Legambiente di Ottaviano e si dispongono attorno a un tavolo pronti ad ascoltare, domandare, riflettere, documentare, e a domandare ancora.Veduta

Perchè ciò che emerge a qualche minuto dall’incontro con i nostri interlocutori –  Pasquale Raia (Legambiente ) e Antonio D’Amore (Libera) – che ci accompagnano alla scoperta del Castello, non è la storia di questo bene, ma quella di una cittadina di provincia che tra gli anni settanta e gli ottanta sale agli onori della cronaca nera nazionale come il centro di una rete criminale le cui reti vanno bel oltre la dimensione regionale. Attraverso il monitoraggio del bene e la redazione della scheda  che ci apprestavamo a compilare, l’incontro di Ottaviano si anima di racconti su persone, amministratori, giovani attivisti e su cosa è stato ed è la presenza della camorra nei territori vesuviani.

Per chi, come me, ha studiato gli effetti del Terremoto del 1980 in Campania –  conoscendo le inchieste e i verbali delle due principali commissioni parlamentari d’inchiesta che si sono occupate dell’argomento (quella sul Post-terremoto e quella sulla Camorra) – il racconto è noto, mentre dal fondo carsico del vissuto dei  nostri interlocutori emerge la storia di una generazione, giovane 30 e 40 anni fa, che per sopravvivere andò via di li. Ancora oggi entrambi i nostri accompagnatori abitano altri territori, seppur limitrofi, e tornano ad Ottaviano per portare avanti quelle azioni di riconquista dei territori coinvolgendo le più ampie risorse possibili a prendersi cura del Vesuvio attraverso il Castello e delle altre aree della città attraverso il Museo Aperto (altro bene monitorato).

Quando torniamo a occuparci del Castello – entrando in esso solo dove è possibile (perchè il primo piano è un cantiere) – veniamo accolti dalla storia: quello della famiglia dei Medici e delle sue principesse che ne ereditarono e abitarono il bene fino ai primi anni 70, accompagnata da stemmi, affreschi, architetture; quella più oscura degli anni successivi, dei cutolinani con gli abusi edilizi, e poi quella degli anni dell’abbandono, dei mobili antichi lanciati dai balconi e delle azioni per affermare, anche con una semplice insegna, che quel luogo era ora del Comune e, infine, quella della stessa amministrazione che preferiva che “altri” apponessero il cartello.  Quando provo ad approfondire la storia della Nco al castello trovo una certa riluttanza del mio interlocutore, più incline a dare forma a quella che dal medioevo si ferma all’alba degli anni 70 e, con un salto temporale, riprende ora con i disabili che coltivano l’orto, con l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio che gestisce i piani terra e con il Comune che sta ristrutturando il piano superiore e tutti i dubbi sulla sua definitiva destinazione d’uso.

orto

Nonostante il ruolo ricoperto dell’immaginario collettivo la simbolizzazione emozionale della confisca del Castello e nonostante la figura “civica” del mio interlocutore sia costruita proprio sulla lotta alla Camorra, la storia delle pratiche cutoliane nel castello (i summit, i luoghi, gli ingressi, le sentinelle) cade nell’oblio, viene tacciata di spettacolarizzazione e rimossa come un tabù. Eppure dare voce a questa storia, per quanto sia mai del tutto vera, catturerebbe quelle generazioni che non la hanno vissuta e quelle che la hanno solo immaginata, racconterebbe con una diversa memoria dello sguardo, dell’attivismo presente nel territorio, della costruzione assidua di reti di prossimità, del senso dell’esperienza nella cura di un bene confiscato. Ma forse questo racconto è ancora lontano dal quel momento in cui si decide chi ha vinto e chi ha perso, perchè chi costruisce la storia, dando voce alla memoria collettiva, è sempre il vincitore.  Forse questa storia, per ora, non ha ancora deciso chi sono gli invasori e chi i conquistati. Forse per questo, uno dei nostri interlocutori non ha detto che i disabili che si occupano dell’orto nel castello sono i “suoi” disabili, inseriti in un progetto di una cooperativa sociale (cosa che abbiamo scoperto il giorno dopo lavorando tutti insieme a compilare la scheda e a cercare informazioni in rete).

Però, poi c’è ancora un’altra storia da raccontare, quella di una istituzione che in questo mezzogiorno d’Italia, sta a presidio di un bene e di un territorio: l’Ente Parco Nazionale Vesuvio, affidatario di parte del Castello. E’ questo ente che permette che il bene confiscato sia continuamente assediato con uffici, riunioni e iniziative, che sia la cerniera tra due luoghi potenzialmente esplosivi: una cittadina in cui abitano ancora moltissimi componenti della criminalità organizzata e il Vesuvio contemporaneamente rischio e risorsa di questo territorio.

Ma questa è un’altra storia.

Buon civic hacking a tutti,

Ilaria Vitellio