Politiche pubbliche per lo sviluppo territoriale attraverso la valorizzazione del Patrimonio: il caso di Pisa

Il Museo delle Navi Romane e del Mediterraneo

Già in questo post si è parlato degli interventi del PIUSS Pisa, che attraverso la valorizzazione del Patrimonio vogliono dare una nuova prospettiva di sviluppo territoriale alla città e di come la loro efficacia in questo senso sia legata al progetto del Museo delle Navi Romane e del Mediterraneo, divenuto punto di partenza per un ampio disegno di riqualificazione urbana.

Sin da subito (la scoperta risale al 1998) si erano individuati, quale sede idonea per ospitarlo, gli Arsenali Medicei della città, struttura di proprietà dello Stato dove sarebbero stati collocati i relitti e tutti i reperti rinvenuti nel corso delle indagini archeologiche.

Tuttavia il cantiere di Pisa San Rossore ha difficoltà. Nel febbraio del 2011 un’interrogazione a risposta scritta denunciava lo stallo del cantiere da oltre un anno, con le navi ancora in situ e parzialmente scavate e dunque con possibili gravi ripercussioni dal punto di vista conservativo.

“lo stesso direttore [= dott. Andrea Camilli, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana]  sostiene inoltre che le potenzialità del cantiere sono avvilite, che vi sono emergenze che la situazione finanziaria e di carenza di personale del Ministero non sono in grado di tamponare, che i fondi per il restauro sono arrivati solo in parte, che gli scafi sono ancora in situ, e infine che non ci sono da tempo fondi sufficienti per il restauro e la conservazione temporanea dei reperti.

Nella risposta si trovano alcuni riferimenti ai finanziamenti ricevuti nell’anno precedente (100.000 euro su fondi ordinari, 300.000 euro su fondi lotto) ed al finanziamento programmato per il completamento dell’intero progetto: 6.000 euro per lo scavo e il restauro, 7.500 euro per il museo, comprensivi degli interventi di restauro e adeguamento delle strutture e dell’allestimento (forse c’è un errore nelle cifre riportate? Sembrano essere davvero troppo basse!).   

Si legge anche: “si rende noto che il museo delle navi antiche di Pisa è in via di apertura, avendo potuto usufruire di un finanziamento diretto di 600.000 euro su fondi ordinari Mibac (anno 2008) e fondi della società Arcus (euro 1.000.000).”

I lavori sono ripresi nel 2012 e sono ancora in corso. Il recupero degli Arsenali Medicei che ospiteranno il Museo delle Navi Romane e del Mediterraneo sembra giunto quasi alla sua conclusione (data degli scatti: 07/04/2015).  L’apertura è stata prevista entro il 2015. Su questa pagina facebook vengono dati aggiornamenti sul procedere del cantiere di scavo e restauro presso la stazione di San Rossore: lo scorso 1 maggio c’è stata un’apertura straordinaria con larga partecipazione di pubblico (circa 500 ingressi).

Arsenali Medicei - cartelloArsenali Medicei

Le criticità del recupero delle Navi di Pisa

La gestione del cantiere delle Navi di Pisa ha sollevato alcune polemiche ricordate anche dalla stessa interrogazione scritta:

  • tempi lunghi di scavo e restauro;
  • poca trasparenza sugli investimenti effettuati;
  • adozione di una tecnica, cosiddetta “a guscio chiuso”, per il restauro conservativo (affidato prima all’Istituto Centrale del Restauro e poi al Centro di Restauro del Legno Bagnato), sulla cui efficacia diversi specialisti hanno espresso dubbi.

Su ciascuno di questi punti, si riportano le osservazioni del dott. Carlo Beltrame, ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia (C. Beltrami, “Le navi di Pisa: una questione ancora pendente” in Archeologo Subaqueo, anno XVIII, n. 3 (54), Settembre – Dicembre 2012).

  • tempi lunghi di scavo e restauro

“In considerazione dello straordinario numero di relitti navali individuati, fortemente opinabile e da sottoporre a doverosa critica appare la decisione presa di eseguire lo scavo unitariamente per tutta l’estensione dell’area e non più razionalmente per settori circoscritti cosa che, se ha permesso di avere una panoramica ampia del giacimento, ha viceversa presentato problemi di difficilissima gestione delle attività, a causa soprattutto del rinvenimento di una quantità eccezionale di materiali archeologici, in gran parte organici e quindi fortemente deperibili (…) Questo grave errore di valutazione iniziale, mai compensato nel proseguimento delle indagini, ha dunque comportato il simultaneo scavo di tutti i relitti individuati (…) imponendo d’affrontare contestualmente gli enormi problemi di conservazione e trattamento dei legni bagnati provenienti dal sito e dai relitti, ad una scala mai tentata prima né in Italia, né all’estero con questa ampiezza e relativa difficoltà logistica e operativa”;

  • poca trasparenza sugli investimenti effettuati

Non conosciamo nel dettaglio le cifre, di denaro pubblico, spese per questo cantiere, che comunque sembra che complessivamente ammontino a ben 20 milioni di euro, per cui ci asteniamo per il momento da esprimere un giudizio sul bilancio costi-benefici” (in effetti si riscontrano difficoltà nel trovare dati univoci sul finanziamento: ad esempio in un articolo del quotidiano online PaginaQ del 24/07/2014 sono riportate ancora altre cifre, ovvero 14 mln euro per il cantiere, 500.000 euro per il restauro di Akedo, 7 mln euro necessari per completare il complesso includendo la parte già adibita a stalle nell’800, la Palazzina del Galoppo, gli uffici della Soprintendenza archeologica, il giardino e l’area confinante con l’ex Convento di San Vito);

  • tecnica “a guscio chiuso”

“un sistema di impregnazione per mezzo della kauramina una resina termoindurente a base di melammina e formaldeide. (…) Questa tecnica di restauro, già in corso di utilizzo a Pisa su alcuni relitti, non è reversibile, il legno viene praticamente plastificato e perde la sua naturale consistenza, inoltre, come dichiarato su un recente articolo di denuncia anche dal restauratore Giovanni Gallo, sbianca e perde il suo colore tanto che è necessario usare un mordente per dare ai legni un colore simile al naturale. Infine il trattamento presenta un potenziale grado di tossicità, forse cancerogeno, per gli operatori (…).

 

Yenikapi Transfer Point and Archaeological Park

Nello stesso articolo, Carlo Beltrame ricorda lo scavo delle navi del porto bizantino di Yenikapi, ad Istanbul, iniziato nel 2004: 36 relitti in un area di scavo di totali 58000 m2 (per avere un ordine di grandezza, l’area di scavo di Pisa è di 3000 m2), a suo parere una buona pratica.

“Una volta compresa l’importanza scientifica del sito e la possibilità di un ritorno di visibilità ed economico-turistico per il loro paese, e di fronte al susseguirsi delle scoperte di altri relitti, gli archeologi turchi, in stretta collaborazione tra Museo Archeologico di Istanbul (corrispondente alla nostra soprintendenza locale) e Università di Istanbul, hanno pensato bene di farsi insegnare dagli americani  [= equipe della Texas A&M University, diretta da Cemal Pulak] la metodologia e le tecniche di documentazione per poi applicarle ad oltre trenta relitti su cui hanno lavorato solo archeologi e studenti turchi. (…) Ad Istanbul, si è quindi proceduto con un’organizzazione di cantiere, sul piano logistico, encomiabile (…) Ogni elemento ligneo è stato campionato per le analisi e quindi lo scafo è stato oggetto di una precisa documentazione per mezzo della semplice, ma efficacissima, stazione totale, che ha permesso di ricavare delle piante e delle sezioni disponibili quasi in tempo reale. Ogni relitto, dopo essere stato tenuto esposto il tempo necessario per eseguire tutta la documentazione di rito (comunque poche settimane) è stato smontato in maniera da ridurre drasticamente i costi del recupero, da permettere un restauro più efficace (come noto i pezzi singoli sono gli unici che possono essere consolidati efficacemente mentre gli scafi assemblati presentano grossi problemi di restauro) e da garantire la possibilità della necessaria documentazione analitica in laboratorio preventiva al restauro”.

cronologia

Cronologia degli scavi di Yenikapi (fonte: F. Onofri, L. Zan, S. Bonini Baraldi, D. Shoup)

Per la creazione di un parco archeologico e di un museo dedicati alla valorizzazione dell’area del porto bizantino e dei resti navali è stato lanciato nel 2012 un concorso di idee vinto dallo studio newyorkese Eisenman Architects, con Aytaç Architects

Yenikapi-museum-Istanbul-Eisenman-04

Yenikapi Transfer Point and Archaeological Park

Tuttavia anche la “vicenda gestionale” di Yenikapi sembra in realtà aver avuto criticità che sarebbe interessante raffrontare in maniera più puntuale con quelle della parallela “vicenda gestionale” di Pisa:

  • tempi di scavo troppo serrati;
  • poca trasparenza sugli investimenti effettuati;
  • necessità di reperire risorse finanziarie sufficienti per il completamento del restauro conservativo e l’esecuzione del progetto di museo e parco archeologico.

Su ciascuno di questi punti, si riportano le osservazioni del F. Onofri, L. Zan, S. Bonini Baraldi, D. Shoup (F. Onofri, L. Zan, S. Bonini Baraldi, D. Shoup, Mega engineering projects and archaeological discovery. Institutional context, organizational challenges and professional issues at Yenikapı, Istanbul)

  • tempi di scavo troppo serrati (contrariamente dunque a quanto verificatosi a Pisa, dove la critica mossa è di segno opposto)

In Turchia non è applicato, come in Italia, il principio del “polluter pays”, così che l’archeologia preventiva è gestita attraverso gli organi periferici del Ministero della Cultura e del Turismo, ovvero i musei. Tuttavia nel caso di Yenikapi le risorse a disposizione del museo sono risultate insufficienti, dunque hanno dovuto essere assunti archeologi professionisti, altri specialisti ed operai da parte delle ditte che si erano aggiudicate i bandi di Metro and Marmaray projects, con prevedibili conflitti di interessi tra le due parti.

“The archaeologists were motivated by scientific considerations and would have preferred to work carefully, without attention to time schedules. The Marmaray contractors, by contrast, were paid by the cubic meter and therefore had an incentive to accelerate the excavations (..)  Because the delays were seriously affecting the cost of the overall Marmaray project, pressure was put on the archaeologists to accelerate excavation work. In response, the Ministry of Transportation demanded in April 2007 that the excavations in the Marmaray area move to a 24-hour work schedule on three shifts, seven days per week. However, working at night, especially in rainy or snowy conditions, posed problems of quality control and illicit trafficking in artifacts. According to the press, workmen were largely unsupervised during night shifts” (pp.10-11);

  • poca trasparenza sugli investimenti effettuati

“Government contracts are not public documents in Turkey, but we can reconstruct a few numbers from published sources” (p 13);

  • necessità di reperire risorse finanziarie sufficienti per il completamento del restauro conservativo e l’esecuzione del progetto di museo e parco archeologico

“With the conclusion of the Metro excavation in mid-2012, all 36 shipwrecks have been moved to desalinization pools. Istanbul University’s Kocabaş, however, estimated that conservation work on the ships would require 20 years of further work. It is not clear, however, what institutional and financial arrangements have been made to enable completion of conservation work.”

“Over eight years – and especially between 2008 and 2010 – the Yenikapı excavations were intensively covered in many media platforms, including print, television, and internet. Several major museum exhibits have focused on the site, even before completion of the excavations themselves, accompanied by scholarly conferences and high-quality publications. Finding a permanent home for the 36 shipwrecks and tens of thousands of small finds from Yenikapı, however, is a much greater challenge. Far from moving a museum project forward, eight years of discussion and project delays has succeeded only in moved museum construction from the center of agenda.”

 

Heritage Chain

Gli autori dell’articolo sulla vicenda gestionale di Yenikapi propongono un interessante approccio al caso studio esaminato, definito Heritage Chain, che sarebbe interessante poter adottare anche al “caso studio” delle navi di Pisa.

“The idea is adapted from the concept of the ‘supply chain’ in industrial organization, where discrete stages of production are considered (inputs, value added, outputs) along with the interrelationships between steps. By individuating the discrete activities present in a particular context, the internal dynamics of each phase of ‘production’ can be distinguished, while enabling easier comparison between different realms of action. In the heritage chain we group activities into five ‘links’: protection, excavation, conservation, research, and public access.  Here we try to ‘make sense’ of Yenikapı through these five areas of action, explore the connections between them, and offer observations on the relevance of the case for rapidly changing heritage management in Turkey and rescue archaeology more generally. Building on this, we use another approach rooted in industrial organization, structure-behavior-performance (SBP) analysis, in order to identify the main results and emergent problems in each link of the heritage chain and their relationship with the structure of the heritage system as defined by law and administrative framework.”

Anche nella vicenda gestionale di Pisa si sono intrecciate esigenze legate alle differenti fasi della “Catena del Patrimonio”: tutela, scavo, conservazione, ricerca, accesso pubblico, così come si sono intrecciate competenze di varie amministrazioni, il MiBACT (centrale e periferico) e il Comune di Pisa (con il progetto di ridislocazione di parte del demanio comunale e con il PIUSS). Individuare gli eventuali punti deboli della “Catena del Patrimonio”, quale si è svolta nella vicenda gestionale di Pisa, consentirebbe di individuare forse soluzioni legali ed amministrative nuove in un campo di difficile intreccio di competenze ed esigenze quale la trasformazione e tutela del paesaggio italiano, soprattutto in ambito urbano. Il primo passo potrebbe essere fornire informazioni univoche sui costi delle progettualità passate ed in corso, nell’ottica anche di trovare soluzioni per una maggiore sostenibilità dell’archeologia pubblica a partire dallo studio dei dati di finanziamento (in ossequio al principio di Lord Kelvin, “If you can notmeasure it, you can not improve it”.)

 

Politiche pubbliche per lo sviluppo territoriale attraverso la valorizzazione del Patrimonio: il caso di Pisa

Il PIUSS Pisa

I PIUSS  (Piani Integrati di Sviluppo Sostenibile) hanno consentito a Pisa il recupero dell’area della Cittadella, dell’Arsenale Repubblicano, della Torre Guelfa, del parco urbano e del complesso Vecchi Macelli-Stallette con l’obiettivo di creare un secondo polo culturale e di attrazione turistica, diverso da quello rappresentato dal Campo dei Miracoli (la cui gestione è dell’Opera della Primaziale di Pisa) e contemporaneamente un polo attrattivo per nuove risorse e nuove imprese sul territorio. Come dichiarato dal sindaco Marco Filippeschi (in carica dal 2008 ed al suo secondo mandato) in home page del sito pisa2015.it,, il PIUSS ha finanziato interventi di riqualificazione lungo un percorso che “dalla Piazza dei Miracoli, passando per l’Orto Botanico, condurrà alla Cittadella Galileiana, un moderno “science center” (e incubatori per imprese hi-tech), e poi al Museo delle Antiche Navi Romane e del Mediterraneo, nell’Arsenale Mediceo – se lo Stato manterrà i patti sottoscritti con Pisa, ancora – un parco verde di eccezionale valore”.

Ed ancora: “Mura, bastioni, nuovi spazi recuperati, libereranno possibilità straordinarie di arricchimento dell’offerta culturale, turistica, di godimento del verde urbano e apriranno nuove possibilità di gestione da parte di operatori privati e di associazioni a fianco del Comune”.

mappa cantieri PIUSS

Mappa dei cantieri PIUSS (fonte pisa2015.it)

Monitoraggio civico come contributo dal basso alla definizione di buone pratiche per la valorizzazione del Patrimonio

Gli investimenti per oltre 25 mln di euro sul Patrimonio fortemente voluti dalla Amministrazione Locale perché ritenuti strategici per lo sviluppo territoriale sono legati, per una buona riuscita, ad un altro progetto a titolarità MiBACT: il Museo delle Navi Romane e del Mediterraneo, che sarà ospitato negli Arsenali Medicei, a poca distanza da quelli Repubblicani e riqualificati con questo preciso obiettivo. L’amministrazione locale ha fatto un investimento importante su un modello di sviluppo territoriale che ha come fulcro la valorizzazione del Patrimonio e l’indotto capace di sviluppare. Il sindaco Marco Filippeschi sembra ben consapevole dell’importanza del Museo delle Navi come volano per tutto il progetto di riqualificazione che fa capo alla Cittadella. E non a caso nella dichiarazione sopra riportata, egli specifica, dopo aver ricordato la presenza del Museo nell’area degli interventi di riqualificazione PIUSS: se lo Stato manterrà le sue promesse. Tale inciso si spiega con la complessità della vicenda delle navi di Pisa, iniziata con la loro scoperta presso la stazione di San Rossore nel 1998 ed ancora non conclusa, sembra a causa della mancanza di finanziamenti adeguati alla difficoltà e ampiezza dello scavo e del restauro.

Gli interventi sulla Cittadella, finanziati con oltre 5 mln di euro (dato da opencoesione.gov.it), hanno richiesto in via preliminare l’acquisto della zona dal Demanio per un ulteriore investimento di circa 1,8 mln di euro. Nello specifico il recupero degli Arsenali Repubblicani è finalizzato alla realizzazione di un punto di servizi per i turisti e di presentazione dell’offerta di ricezione e di accoglienza di Pisa, una sorta di sua vetrina, dunque. La Torre Guelfa ospiterà il Museo della Città.

Il monitoraggio civico di questi progetti potrebbe fornire una serie di utili spunti di riflessione ai fini della definizione di buone pratiche per la valorizzazione del Patrimonio, visto anche come veicolo di sviluppo territoriale. Ad esempio dal report di monitoraggio civico sul Progetto Mura inviato lo scorso luglio 2014 sulla piattaforma monithon.eu erano già emerse alcune criticità interessanti da discutere ai fini di una migliore futura gestione di simili progettazioni. Il cantiere aveva allora subito un rallentamento a causa del ricorso al TAR avanzato da quattro cittadini residenti le cui abitazioni sono a ridosso delle mura (tre in via Maffi ed una in via De Simone) e che temevano una violazione di privacy a seguito dell’apertura ai visitatori del camminamento in quota.

A questo proposito, c’è un aspetto che sarebbe stato utile approfondire, ovvero l’efficacia delle consultazioni pubbliche organizzate dall’amministrazione comunale per il PIUSS nel 2008 e nel 2012 e dove il problema della tutela della privacy vs il diritto della pubblica amministrazione di valorizzare un monumento cittadino già avrebbe dovuto essere posto e risolto prima dell’avvio del cantiere stesso.

Infine molto polemizzato è stato l’affidamento delle Mura in gestione temporanea, senza gara e non retribuita all’AMUR (Associazione per le Mura di Pisa), senza nessuna discussione preliminare in Consiglio Comunale.

Progetti del PIUSS Pisa sul Patrimonio: descrizione degli interventi, apertura e chiusura cantiere, finanziamento (clicca qui per la visualizzazione a schermo intero). Dati da pisa2015.it e opencoesione.gov.it

Nella timemap sono state riportate a sinistra le schede relative a ciascun progetto scaricabili su pisa2015.it, nella descrizione i dati relativi ad apertura e fine del cantiere e al finanziamento dalle schede relative agli stessi progetti su opencoesione.gov.it. Si riscontrano alcune differenze tra gli uni e gli altri (ad es. il totale del finanziamento è di circa 21 mln di euro su pisa2015.it, una cifra più bassa dunque, forse a seguito dei ribassi d’asta).

* Alcune precisazioni: il Progetto Mura più correttamente si sarebbe dovuto rappresentare con una “linea” in corrispondenza del circuito murario superstite, ma se ne è data una localizzazione di “default” in corrispondenza della Torre di Santa Maria. Alcuni progetti risultano suddivisi in più interventi: la riqualificazione del percorso dalla stazione di Pisa Centrale a Piazza dei Miracoli  (ripavimentazione Piazza dei Cavalieri e Corso Italia), la Cittadella Galileiana (riqualificazione e recupero ex-stallette ed ex-macelli, ludoteca scientifica e Museo del Calcolo); ed ancora la Cittadella ha una unica scheda progetto su opencoesione.gov.it ma due schede cantiere su pisa2015.it (Arsenali Repubblicani e Torre Guelfa). Altri due progetti del PIUSS rientrano nella stessa strategia di valorizzazione del Patrimonio: adeguamento dei percorsi di visita dell’Orto Botanico e percorsi turistici, progetto di realizzazione di una infrastruttura digitale in grado di aggregare e veicolare informazioni e servizi per il turismo e l’infomobilità. Altri interventi del PIUSS non sono stati riportati nella mappa perché relativi al tema “inclusione sociale”:

Avanzamento dei lavori – Dalla percentuale dei pagamenti effettuati presenti sul portale OpenCoesione i progetti sono per la maggior parte non lontani dalla conclusione (d’altra parte il tempo utile per la consegna è solo il corrente anno). Corso Italia e Piazza dei Cavalieri sono state ripavimentate: si sta concludendo l’ultimo tratto da Piazza dei Cavalieri a Campo dei Miracoli (alla data della foto -06/04/2015- mancavano 81 giorni alla consegna del cantiere). Il progetto Mura sembra avere ancora  qualche difficoltà di attuazione. Anche sulla base di una veloce ricognizione si è constatato che ad esempio la realizzazione della pista ciclabile in Via Vittorio Veneto (nella foto: cantiere in data 05/04/2015) sia sostanzialmente ferma allo scorso anno, ma occorrerebbe una più puntuale verifica sul campo.

Il recupero delle ex-Stallette sembra a poco più della metà, sempre stando alla percentuale di avanzamento dei pagamenti  (non è stata svolta verifica autoptica). Così come l’area della Cittadella, dove ad una veloce ricognizione il cantiere si presentava come nella foto (07/04/2015).  to be continued..

Mumex: un progetto per i musei del Mezzogiorno

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Il patrimonio culturale ha senza dubbio un potenziale nello sviluppo e nella crescita economica dei territori, non solo per la creazione di nuovi spazi occupazionali e la valorizzazione di aree emarginate, ma anche per il miglioramento del capitale sociale innescato dalla crescita culturale delle comunità locali, dal recupero delle identità territoriali e dalla cooperazione per incentivare iniziative territoriali. Il caso del Mezzogiorno, tuttavia, dimostra che la presenza del patrimonio culturale, da solo, non è sufficiente a generare sviluppo e crescita economica: basta esaminare i dati diffusi dall’ENIT (Agenzia Nazionale per il turismo) sugli arrivi internazionali per il periodo 2012-2013.

L’Italia si colloca al 5° posto della classifica, ma su oltre 180 mln di visitatori stranieri, oltre il 60%  (100 mln circa) sono concentrati in sole quattro regioni: Veneto, Lombardia, Lazio e Toscana, nonostante una pari qualità e quantità del patrimonio culturale del Mezzogiorno rispetto a queste regioni. Con lo scopo di attuarne il potenziale nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza, il MiBACT, insieme al DPS e ad Invitalia, ha avviato nel 2008 il progetto pilota Mumex, Poli Museali di Eccellenza nel Mezzogiorno (che dovrebbe concludersi in questo Dicembre 2014).

Il suo obiettivo è quello di potenziare l’offerta di parte del patrimonio culturale e museale del Mezzogiorno e contribuire alla crescita economica e sociale.

L’offerta culturale in Italia risulta generalmente poco competitiva: nessun museo italiano è nelle top ten dei musei più visitati al mondo per alcuna tipologia. Unica eccezione: i Musei Vaticani, che si trovano però all’interno della Città del Vaticano (quindi propriamente in un altro stato).

Gli interventi finanziati per il progetto Mumex dovrebbero facilitare l’attivazione di un circuito virtuoso di “tutela-conservazione-valorizzazione-sviluppo”. Per la sua attuazione sono stati selezionati una serie di interventi da realizzare, ritenuti utili per migliorare lo standard qualitativo dell’offerta culturale, eventualmente replicabili in tutti i musei italiani, qualora risulteranno aver avuto un impatto positivo. Per la scelta dei Poli Museali che avrebbero partecipato al progetto pilota è stata realizzato uno studio preliminare del sistema di offerta culturale, utile punto di partenza per una valutazione a posteriori dell’efficacia del progetto. La maggior parte degli interventi sono stati di natura “infrastrutturale” diretti alle strutture museali o di ripristino e conservazione del patrimonio culturale (riapertura sale chiuse, adeguamento degli impianti, integrazione delle attrezzature ed impianti di accoglienza, interventi di restauro etc), quindi “più facilmente monitorabili”: pochi gli interventi di promozione e valorizzazione (rispetto ai quali i primi risultano tuttavia funzionali e complementari).

Qualche numero sugli afflussi nei musei italiani

Nella top ten dei musei d’Arte più visitati nel 2013, secondo i dati forniti dall’Art Newspapernell’Aprile 2014, come già scritto ci sono solo i Musei Vaticani. Qui l’elenco completo dei primi 100 classificati: il primo museo italiano è la Galleria degli Uffizi, al venticinquesimo posto.

MuseoLuogoNumero di visitatori annui
1LouvreParigi, Francia9,334,435
2British MuseumLondra, Regno Unito6,701,036
3Metropolitan Museum of ArtNew York, Stati Uniti6,226,727
4National GalleryLondra, Regno Unito6,031,574
5Musei VaticaniCittà del Vaticano, Roma5,978,804
6Tate ModernLondra, Regno Unito4,884,939
7National Palace MuseumTaipei, Taiwan4,500,278
8National Gallery of ArtWashington, D.C., Stati Uniti4,093,070
9Musée National d’Art ModerneParigi, Francia3,745,000
10Musée d’OrsayParigi, Francia3,500,000

Se si allarga la ricerca a tutti i musei (non solo quelli d’Arte dunque), la situazione peggiora. La figura di seguito riporta una infografica elaborata dall’Economist a partire da dati estrapolati dal report annuale 2013 sui numeri di visitatori in parchi tematici e musei curato da AECOM(Architecture, Engineering, Construction, Operations and Management) e TEA (Themed Entertainment Association). I Musei Vaticani scivolano in ottava posizione (quarta però per la classifica europea). Al primo posto ancora una volta il Louvre con i suoi oltre 9 milioni di visitatori l’anno (una curiosità:  Magic Kingdom, il primo parco tematico costruito all’interno del Walt Disney World in Florida, raggiunge il doppio dei visitatori annui del Louvre: l’attrattività di Mickey Mouse è irraggiungibile!)

AECOM attendance museum

I Poli Museali di Eccellenza a Napoli

Il progetto  ha selezionato 21 candidature a Polo Museale (come potete vedere nell’immagine di copertina). Per ciascuno dei Poli la cui candidatura è stata ammessa, sono stati progettati diversi interventi (qui sono descritte le prime progettazioni avviate), finanziati dal CIPE o a valere sulle risorse del POIn Attrattori culturali, naturali e turismo, lo stesso programma operativo nell’ambito del quale è stato finanziato il Grande Progetto Pompei.

Alcuni degli interventi del progetto Mumex ricadono nella stessa area vesuviana e sono -in una certa misura- correlati tra loro ed a Pompei stessa, dal momento che gli interventi andrebbero letti come integrati e finalizzati alla costruzione di un sistema attrattivo anche all’esterno dei singoli Poli Museali, attraverso la riqualificazione del contesto locale e dell’offerta culturale territoriale ed il miglioramento delle condizioni di accessibilità ai siti.

Non basta restaurare il patrimonio, assicurarne la tutela, allestire i musei con tecniche innovative o incentivare la fruizione. Il caso del sito e del museo dell’area archeologica di Paestum è esemplificativo, essendo poco collegata e poco visitata, nonostante la qualità e quantità dei monumenti e dei reperti esposti. Nuovi investimenti sono stati promessi a valere sui Fondi Strutturali a titolarità Mibact 2014-2020: riqualificazione del museo e treni ad alta panoramicità (qui un’articolo sulle dichiarazioni del ministro D. Franceschini rilasciate a Napoli in apertura del Forum Europeo del Turismo dello scorso Ottobre)

Quattro tra i progetti finanziati nell’ambito del Mumex sono relativi a Poli Museali della città di Napoli.

Uno è relativo al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), che accoglie -tra l’altro-  collezioni provenienti da Ercolano, Pompei e Stabia.

Nella scheda sul MANN sul sito del Mumex si esplicitano gli obiettivi generali delle progettazioni che sono state avviate:

I principali interventi progettati per il MANN riguardano opere di natura strutturale e di valorizzazione degli spazi espositivi e tendono ad esaltare l’eccezionalità del patrimonio archeologico oltre che a recuperare la funzionalità della struttura.

Di seguito le tre schede di OpenCoesione relative agli interventi progettati:

Le altre tre candidature “napoletane” a Poli Museali di Eccellenza sono:

Per quanto riguarda Napoli Capodimonte, leggendo la scheda relativa sul sito Mumex e facendo una ricerca su OpenCoesione, si trovano una serie di progettazioni coerenti con gli obiettivi esplicitati: (…) la definitiva apertura del Museo anche nelle ore pomeridiane e serali, la necessità di valorizzare le aree dei giardini verso il belvedere orientale e quello meridionale (luogo di esclusive letture del paesaggio urbano e dell’intero Golfo di Napoli), la possibile integrazione con la più ampia area del parco monumentale attribuiscono alle opere un significativo valore strategico.

In ogni caso andrebbe verificata la pertinenza al progetto Mumex:

Per quanto riguarda Cuore di Napoli e Palazzo Reale, alcuni progetti relativi rintracciati sul portale OpenCoesione sono:

Mumex ha migliorato l’offerta culturale nel Mezzogiorno? I risultati dello studio preliminare di offerta culturale

La valutazione ex ante ha prodotto nel 2010 una analisi della competitività dell’offerta museale del Mezzogiorno e benchmark per la valutazione delle 21 candidature a Polo Museale di eccellenza, i cui risultati sono liberamente consultabili e scaricabili qui.

L’analisi di scenario e delle tipologie museali rileva che il patrimonio culturale del Mezzogiorno concentra al suo interno quasi la metà di tutto il patrimonio archeologico. In Italia, e nel Mezzogiorno in particolare, l’offerta museale è arricchita dalla possibilità di apprezzare anche il territorio in cui sono nati i beni culturali esposti. Si tratta di un rapporto di immediatezza fisica: uscendo dai tanti musei archeologici è quasi sempre visitabile, a poca distanza o addirittura intorno al museo, il sito archeologico da cui i reperti esposti nel museo provengono. Questo è un vantaggio competitivo proprio di pochi paesi al mondo e certamente non replicabile.

L’analisi di benchmarking ha permesso di individuare gli scostamenti tra l’offerta dei musei nel Mezzogiorno e quella di alcuni importanti musei di paragone italiani ed esteri, individuando infine alcune buone pratiche adottate con riferimento a funzioni  ritenute strategiche ai fini di una loro eventuale replicabilità per i musei del Mezzogiorno (servizi di accoglienza, didattica, edutainment, mostre ed esposizioni, marketing e comunicazione, formazione del personale, fundraising e modelli di gestione).

L’analisi di benchmark sulla comunicazione museale si articola in otto schede compilate per ciascuno dei poli museali candidati:

  1. anagrafica
  2. sito
  3. elementi di museografia e museologia
  4. analisi e studio degli elementi che contribuiscono alla comunicazione museale
  5. servizi per l’utenza
  6. rapporti con il territorio e con le comunità che vi risiedono
  7. elementi di mito
  8. analisi della domanda

Sarebbe interessante provare a aggiornare i dati qui forniti a quasi un lustro di distanza per capire se ci sono dei miglioramenti misurabili nei vari parametri utilizzati nelle 8 schede ed altri spunti interessanti potrebbero giungere dall’incrocio con altri dati.

Relativamente alla scheda 4, ad esempio, sarebbe interessante rapportare quei dati a quanto riportato da Museum Analytics, piattaforma web creata dal collettivo tedesco INTK che rielabora i dati statistici raccolti a livello globale dal Walker Art Center di Minneapolis, che da tempo ha avviato un sistema di censimento delle attività di promozione e comunicazione dei diversi musei.

Museums Analytics stila sulla presenza on-line delle principali collezioni pubbliche e private al mondo. Valutando il traffico dei rispettivi siti web, monitorando soprattutto la vitalità dei vari profili sui social network (FacebookTwitter) Nella top 100 il primo museo italiano che si incontra dopo moltissime posizioni è il MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo).

Da tesista a monithoner: i report salernitani di Palazzo Fruscione e dell’impianto di compostaggio

Nello scorso gennaio Giovanni Ragone, cittadino di Salerno, nell’ambito della sua tesi di laurea sull’utilizzo dei fondi europei per lo sviluppo territoriale, ha monitorato il progetto di recupero edilizio e restauro di Palazzo Fruscione: qui potete leggere il report.
Palazzo Fruscione è un edificio dal “lunghissimo passato”: sorge su terme romane (le stesse su cui sorge San Pietro a corte) i cui ambienti sul finire dell’Impero vennero riutilizzati come chiesa con annesso cimitero e ricompresi in età longobarda nel giardino del palazzo del principe Arechi II. Nel XII secolo nacque l’attuale Palazzo Fruscione, come residenza nobiliare normanna. Da allora l’edificio ha subito molte trasformazioni, ospitando un ospizio di carità, stalle, botteghe altomedievali, fino a divenire residenza privata. L’intreccio di queste fasi si legge nelle architetture e negli affreschi recuperati ed oggi visibili all’interno del palazzo.
In questi giorni Palazzo Fruscione ospita la prima edizione Biennale d’Arte Contemporanea (11-25 Ottobre): una rassegna internazionale che da occasione ad artisti noti e meno noti del panorama locale di aprire canali di comunicazione con la scena internazionale, diventando così motore di un rinnovamento culturale e turistico. Il sindaco Vincenzo De Luca ha così spiegato la scelta di Palazzo Fruscione come sede dell’evento (qui il video): “Abbiamo collocato questa mostra di arte contemporanea in uno dei luoghi più belli e carichi di storia della nostra città (…). La grande storia longobarda e normanna e l’arte contemporanea: la ricchezza di un paese nasce dalla capacità di far convivere le diverse stratificazioni culturali; un paese è vivo se riesce a difendere la sua tradizione, il suo ambiente storico, ma se ha anche il coraggio di realizzare cose nuove.”

Sul riutilizzo di questo importante bene architettonico recentemente recuperato e restaurato, ci auguriamo possa arrivare a breve un secondo monithon dopo quello di Giovanni Ragone: nel frattempo, ecco il racconto di come lui è diventato un umarell.

Questo è sempre stato il mio obiettivo, sin da quando iniziai a studiare tale tematica.
Nel 2008, durante una lezione del corso sui finanziamenti delle aziende pubbliche, il mio docente ci illustrò tale argomento e ne fui subito colpito: egli provò a darci qualche dato, ma non seppe dirci altro che: “ogni anno la Regione Campania e l’Italia intera rimandano al mittente miliardi di euro perché non siamo in grado di utilizzare tali risorse, e fino ad oggi, siamo stati tra gli ultimi in Europa”.
Ritenni insufficiente questa spiegazione: decisi di approfondire. Provai ad informarmi un po’ sulla rete ed un po’ sui libri, ma quello che trovai era davvero molto vago e confuso, così decisi di spendere parte del mio tempo libero per approfondire l’argomento.

giovanni

La mia curiosità di scoprire e verificare se l’amministrazione comunale a me più vicina, il Comune di Salerno, stesse adoperando e/o applicando le stesse tecniche che io studiavo all’università era enorme.
Per avere un’idea diretta delle opere in via di realizzazione, spesso ho fatto sopralluoghi nei cantieri in compagnia di mio zio che, nel suo lavoro di cronista locale per un quotidiano, si era interessato ai lavori pubblici in via di realizzazione. Passeggiare per la città osservando attentamente quello che, giorno dopo giorno, accadeva e mutava nel tessuto urbano, era diventata la mia piacevole passione. Ero, e sono convinto, che solo ampliando le conoscenze su tutto quello che avviene nella propria realtà cittadina, si possa essere in grado di esprimere un giudizio consapevole sull’operato della pubblica amministrazione.

Attraverso il monitoraggio civico ogni singolo cittadino può esercitare il proprio diritto di cittadinanza attiva e far si che possa essere parte integrante di un sistema di pubblica amministrazione sempre più aperto e partecipato. Oggi il cittadino si informa, indaga e scopre quanto più possibile per poter far sentire la propria voce ed essere finalmente ascoltato.

La tematica dei fondi europei continuava ad incuriosirmi: le informazioni a disposizione erano insufficienti, mentre oggi, specialmente negli ultimi mesi, sembra che l’intera questione abbia finalmente una centralità nella vita politica del nostro Paese anche in virtù del fatto che le risorse ordinarie a disposizione degli enti locali sono diminuite in maniera considerevole.
Così decisi di realizzare il mio elaborato finale su tale argomento, cercando di far luce, possibilmente in cifre, su quello che veniva realizzato con tali risorse e quanto dei Fondi Europei per lo Sviluppo Regionale (FESR) andava perduto.

Nel luglio 2012 ecco la svolta inaspettata. Durante un’edizione del TG1 apprendevo la nascita del portale Opencoesione su un’iniziativa dell’allora Ministro Fabrizio Barca.
Nel febbraio 2013, grazie all’attivismo ed all’intuizione della professoressa Daniela Vellutino, il team di Opencoesione veniva direttamente nella mia università per presentare il progetto (qui il video). Avevo quindi l’occasione di condividere con loro tale mia passione e sciogliere ogni dubbio sui contenuti della ricerca.

giovanni ragone

Quella giornata fu decisamente una delle più importanti per convincermi definitivamente a lavorare a tale progetto, insieme alla mia successiva partecipazione al Forum PA del mese di maggio, in cui ad Opencoesione fu assegnato il premio per la “Trasparenza dinamica”.
Terminati gli esami passai mesi e mesi a raccogliere dati, monitorare opere e a tenermi sempre più informato per poter realizzare al meglio tale lavoro e non farmi sfuggire nessun particolare.

L’11 dicembre 2013, finalmente ho realizzato quello che era stato il mio sogno per tanto e troppo tempo, discutere la mia tesi sui fondi europei e pubblicare due report di monitoraggio su progetti della mia città: uno sull’impianto di compostaggio (come parte integrante della mia tesi) e l’altro su Palazzo Fruscione.

Giovanni Ragone

Guida al Monithon a Pompei: conto alla rovescia -16 mesi

Il crollo della Schola Armorum nel Novembre 2010 è stato il primo di una serie di cedimenti strutturali che hanno interessato l’area archeologica di Pompei. Non è interessante la disamina delle cause in questa sede: ne sono state elencate moltissime ad ogni nuovo crollo, mancata esecuzione della manutenzione ordinaria, indebolimento delle strutture antiche causato dalle sovrastrutture in cemento risalenti ai restauri degli anni Ottanta, dissesto idrogeologico, etc. Al di la di esse, si è fatta strada la consapevolezza che la bellezza di Pompei, parafrasando Ovidio, è un “bene fragile”.

– GUARDA LA MAPPA DEI CROLLI A SCHERMO PIENO –

GPP- cedimenti strutturali nell’area archeologica dal 2010.

L’Unione Europea nel 2012 è intervenuta a sostegno dell’area archeologica con lo stanziamento di 105 milioni di euro di fondi strutturali a valere sui fondi POIn, Programma Operativo Interregionale Attrattori culturali, naturali e turismo per il  Grande Progetto per la tutela e la valorizzazione dell’area archeologica di Pompei (GPP). Il GPP non è un semplice progetto di restauro (anche se gli interventi diretti sul patrimonio archeologico assorbono gli stanziamenti maggiori), ma si articola in diversi obiettivi e azioni, affinché non si lavori solo sull’emergenza ma in prospettiva: ai cantieri si affiancano la ricerca (diagnosi e monitoraggio del sito), il rafforzamento della struttura organizzativa e tecnologica della Soprintendenza, un piano sicurezza ed uno dedicato alla fruizione ed alla valorizzazione.

Le tappe principali del GPP.

A Dicembre 2015 scadono i termini per portare a conclusione i progetti finanziati dal ciclo 2007-2013, e dunque anche i cantieri del GPP. Il rischio è ovviamente quello di dover restituire i fondi per mancata utilizzazione. Un rischio reale: sono stati consegnati soltanto 2 cantieri. Ad oggi sono stati spesi poco più di 1,5 milioni di euro e circa 25 sono stati impegnati. Altri interventi saranno banditi nei prossimi mesi, si può supporre con un ritmo sostenuto in virtù dell’accelerazione delle attività da cantierizzare.

Il Piano di Azione firmato lo scorso 17 Luglio stabilisce il calendario del processo attuativo del Grande Progetto Pompei, con un progresso nell’avanzamento della spesa che potete leggere nella figura di seguito.

Piano di Azione GPP

Qual è il contributo che il monitoraggio civico può dare per favorire il Piano di Azione del GPP?

I cantieri del GPP sono facilmente riconoscibili all’interno dell’area archeologica grazie al cartello dell’immagine a destra. I cittadini potrebbero, per i cantieri o gli interventi in corso, contribuire alla verifica dello stato di attuazione. Come già si suggeriva in questo post, inserendo i QR codes nei cartelli con il logo dell’UE che segnalano la presenza di un progetto finanziato dai fondi strutturali, ogni visitatore potrebbe, fotografando il codice riportato sul cartello con il proprio smartphone, trovare il link alla pagina web dedicata a quel progetto, con tutte le informazioni rese disponibili dalle amministrazioni. Nel caso specifico, inserendo i QR codes nei cartelli che segnalano i progetti finanziati dal GPP, ogni visitatore potrebbe accedere ai dati resi disponibili su OpenCoesione.

Anche in attesa dei QR codes è possibile verificare l’avanzamento del GPP, contribuendo come cittadini alle azioni di monitoraggio individuate dal Piano di azione per il raggiungimento degli obiettivi di avanzamento (allegato 2): verifica periodica delle attività sia in fase di progettazione sia in fase di esecuzione, attraverso il monitoraggio del rispetto delle scadenze intermedie previste dalle schede di progetto di ciascun intervento, segnalazione in tempo reale di eventuali scostamenti e pronta individuazione delle più efficaci misure risolutive.

Il Piano di Azione  riporta (allegato 1) il piano di monitoraggio, con l’elenco dei cantieri, delle gare di appalto e delle progettazioni in corso, con l’indicazione dell’apertura e chiusura prevista del cantiere e delle cifre destinate in euro.

Inoltre vi è un elenco delle nuove progettazioni utili al recupero delle economie di gara, da attivare con il Piano di Azione. Infine riporta (allegato 3) quanto previsto per cantieri e gare in corso e per le progettazioni nel dettaglio, per ciascuno dei cinque piani operativi.

Per questo monitoraggio, i cittadini hanno uno “strumento in più” da incrociare ai dati provenienti da OpenCoesione: sono stati rilasciati in formato aperto su Pompeiisites  i dati amministrativi sui cantieri del GPP. Il portale della Trasparenza è nato dalla collaborazione tra la Soprintendenza, la Direzione Generale del Grande Progetto Pompei e OpenPompei.

Come funziona il Portale della Trasparenza del GPP.

Tra i dati riportati nelle schede dei singoli progetti, c’è anche il Codice Unico di Gara (CIG), della cui importanza per tracciare i flussi finanziari si è già detto in questo post, dove si faceva riferimento anche al progetto Open Contracting, promosso dalla Banca Mondiale, che sta sperimentando uno standard unico a livello globale per la pubblicazione dei dati sugli appalti (qui la loro guida), di cui lo scorso 4 Settembre è stata rilasciata una versione beta (e la cui versione 1.0 è prevista per il prossimo 30 Settembre).

Il GPP nel dettaglio.

Le informazioni che sono riportate di seguito possono essere uno strumento utile per chi fra voi decida di monitorare uno dei cantieri del GPP. Si tratta di un progetto di enorme complessità e proprio per questo vogliamo fornirvi un aiuto ed uno stimolo ulteriore (se l’unicità dell’area vesuviana non fosse di per se sufficiente).

Il Grande Progetto Pompei è articolato in 5 piani operativi:

  1. piano della conoscenza;
  2. piano delle opere;
  3. piano per la fruizione, il miglioramento dei servizi e della comunicazione;
  4. piano della sicurezza;
  5. piano di rafforzamento per capacity building  e per rafforzamento della struttura organizzativa e tecnologica

I cinque piani operativi in sintesi.

Di seguito sono riportati i progetti conclusi o i cantieri e gli interventi avviati per ciascuno dei 5 piani operativi. Ove possibile è stato riportato il link alla scheda su OpenCoesione, il CUP e il totale del finanziamento.

1- piano della conoscenza: prevede due gruppi di interventi:

– interventi diagnosi e monitoraggio dello stato di conservazione di Pompei in modo da programmare la futura manutenzione ordinaria grazie alla mappatura di ogni singola struttura o evidenza archeologica tramite una planimetria in dwg in scala 1:50 di tutta la città antica, una battuta fotografica ortorettificata delle strutture murarie che consentirà di avere un modello 3d di tutti gli alzati e una schedatura dello stato di degrado;

– indagini diagnostiche funzionali agli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico, per evitare smottamenti del terreno sulle strutture antiche;

gara in corso: affidamento in 6 lotti dei servizi di diagnosi e monitoraggio dello stato di conservazione;

cantiere in corso: indagini diagnostiche e studi per la mitigazione del rischio idrogeologico dei pianori e dei fronti scavo.

2- piano delle opere: interventi diretti sul patrimonio archeologico. I primi 39 progetti erano già stati redatti dalla Soprintendenza; gli altri 16 sono individuati sulla base delle risultanze del piano della conoscenza. Esso prevede due gruppi di interventi:

– restauro, manutenzione e messa in sicurezza delle strutture e degli apparati decorativi con interventi puntuali, e quindi limitati a singole domus, ed areali, con lavori di messa in sicurezza di intere regiones;

– interventi per il dissesto idrogeologico, la recinzione e l’illuminazione dell’area perimetrale degli scavi.

 

Interventi conclusi
Cantieri in corso
Gare in corso di aggiudicazione definitiva o in corso

 

 

  • lavori di restauro dell’Insula 15 Regio VII
  • adeguamento e revisione recinzione perimetrale
  • adeguamento e revisione dell’illuminazione perimetrale

 

 

 

3- piano per la fruizione, il miglioramento dei servizi e della comunicazione: lavori di ampliamento, recupero, valorizzazione e qualificazione dei percorsi di visita e delle aree verdi; miglioramento della segnaletica, dell’informazione e della promozione dell’area archeologica.

interventi in corso: convenzione SAPES-ALES SpA per il personale di supporto al rafforzamento della struttura organizzativa della Soprintendenza.

4- piano della sicurezza (a valere sui fondi del PON Sicurezza per lo Sviluppo): potenziamento ed estensione del sistema di videosorveglianza e messa in sicurezza degli impianti; copertura wifi all’interno dell’area archeologica.interventi in corso: convenzione SAPES-ALES SpA per il personale di supporto al rafforzamento della struttura organizzativa della Soprintendenza.

interventi in corso: una nuova sicurezza per il parco archeologico di Pompei (F69G12000100006): 3.625.200,00€

gara in corso: sistema di videosorveglianza.

5- piano di rafforzamento per capacity building  e per rafforzamento della struttura organizzativa e tecnologica: adeguamento delle dotazioni e delle attrezzature tecnologiche per le indagini e al monitoraggio del sito e delle sue strutture e miglioramento delle capacità gestionali, organizzative, operative e delle competenze tecniche della Soprintendenza di Pompei, Ercolano e Stabia.

gara in  corso: affidamento del Sistema informativo del Grande Progetto Pompei;

interventi in corso:

Monithon Museo Egizio di Torino: appunti e riflessioni

Pubblichiamo qui appunti e riflessioni della community di Monithon Piemonte che, a partire dalla maratona di monitoraggio del 22 febbraio, ha iniziato ricerche e approfondimenti che hanno portato al primo Report di monitoraggio civico sul progetto di riqualificazione del Museo Egizio di Torino.  Da questa prima esperienza si parte per un’avventura di un gruppo di cittadini che vivono il monitoraggio civico come un modo per integrare con il loro punto di vista le valutazioni ufficiali delle amministrazioni .

Questa è una storia che parte da lontano e che coinvolge un gruppo di persone accomunate da una serie di parole chiave: sviluppo locale, progettazione partecipata, formazione, sensibilizzazione, trasparenza, risorse pubbliche, open data e lavoro di rete. Ognuno nel suo lavoro si rendeva conto (e continua, purtroppo, a farlo), in maniera crescente, del peso sempre più leggero che veniva dato alla valutazione e al monitoraggio dei progetti, dei processi e delle politiche, quasi fossero aspetti accessori. E ognuno di noi era (ed è) invece consapevole del fatto che valutazione e monitoraggio (prima, dopo e durante) sono parte integrante dei progetti perché contribuiscono alla definizione di esigenze ed obiettivi, alla loro eventuale rimodulazione nel tempo; perché sono uno strumento di garanzia rispetto all’uso delle risorse e non solo dei tempi e delle azioni; perché costituiscono la base per l’evoluzione di un progetto/politica/processo; perché forniscono informazioni su come si sta lavorando e come si è lavorato, informazioni basilare per gestire ed impostare nuovi percorsi di lavoro.

La volontà di provare a stimolare un cambiamento (o, per quelli più ottimisti o ambizioni, di produrre un cambiamento) e il contatto con il gruppo di Monithon e OpenCoesione è stata la scintilla che ha innescato la volontà di avviare ragionamenti e confronti (e qualche volo pindarico) sulla costituzione di un gruppo di Monithon piemontese.

A questo punto la voglia di fare (e la scadenza del 22 febbraio) ha consentito di accelerare i tempi e così si è deciso, in primo luogo, di definire su quale ambito concentrarci: i beni culturali. La cultura è un settore economico, che produce utili e genera occupazione e nonostante in Italia vi sia un patrimonio storico, architettonico e culturale immenso, spesso viene considerato dai decisori, dai media e dai cittadini solo un costo, un settore inutile all’economia e alla nostra vita.

Definito l’ambito abbiamo cercato un progetto da monitorare che rispondesse a tre criteri principali:

  • doveva ricadere sulla città di Torino
  • doveva interessare un bene con valenza internazionale
  • doveva essere un progetto in corso

Consultando il portale OpenCoesione l’attenzione è inevitabilmente caduta sul Museo Egizio di Torino e il suo progetto di “rifunzionalizzazione, ampliamento, restauro e messa in sicurezza del Museo”: torinese, indubbiamente di valenza internazionale e la cui fine lavori prevista era ad un anno circa dal Monithon del 22 febbraio (cfr. scheda progetto su OpenCoesione).

A questo punto l’obiettivo è stato duplice: informare ed aggregare persone interessate ad un monitoraggio civico su questo progetto (usando canali personali, twitter, il sito di Monithon, ecc.) e organizzare la giornata con un incontro con i referenti del progetto seguito dalla visita al Museo.

E dopo?

Conclusasi la giornata di monitoraggio (per la descrizione puntuale degli esiti del Monithon sul progetto del Museo Egizio si rimanda al report di monitoraggio) una serie di riflessioni e pensieri sono scaturite nel corso del momento di confronto post monithon, riflessioni e pensieri così sintetizzabili:

  • L’importanza di imparare a “raccontare” i fondi pubblici. Nella nostra esperienza al Museo Egizio, confermata dalla nostra esperienza professionale e non, è emersa in maniera chiara la difficoltà dei soggetti/enti destinatari di finanziamenti pubblici a raccontare come usano i fondi pubblici, cosa implica l’accesso ai fondi pubblici (in termini di iter, di requisiti, di controlli, ecc.). L’attenzione viene spesso posta esclusivamente sul dettaglio progettuale dell’intervento (fasi, tempi, singole azioni) senza riuscire a collocare la progettualità in una dimensione più ampia come quella della linea di finanziamento alla quale si è avuto accesso. Questa condizione costituisce un fattore di criticità. Una criticità rispetto alla corretta informazione sui progetti. Una criticità rispetto alla valorizzazione del ruolo dei finanziamenti pubblici, delle risorse pubbliche. Una criticità rispetto al senso di responsabilità nell’uso e nel rispetto dei fondi pubblici. Bisognerebbe pertanto, a nostro avviso, definire dei criteri di comunicazione che, accanto ai loghi dei soggetti che finanziano, forniscano indicazioni puntuali ai destinatari dei finanziamenti su quali sono gli elementi funzionali ad una corretta presentazione del progetto, tra cui anche l’obiettivo alla base dell’asse di sviluppo che finanzia l’opera o parte di essa.
  • Sensibilizzare e formare. Il gruppo di Monithon Piemonte è un gruppo eterogeneo per competenze, interessi, professionalità, genere ed età e questa caratteristica ha rappresentato una risorsa importante nel rileggere la giornata perché è stato chiaro, fin da subito, che l’attività di monitoraggio civico, per essere efficace, non solo deve essere accuratamente preparata, ma deve mettere in grado chiunque voglia parteciparvi e/o organizzarlo di avere le informazioni per farlo. Gioca quindi un ruolo strategico la scheda di monitoraggio che deve divenire un vero e proprio strumento di lavoro in grado sia di orientare l’organizzazione della giornata, sia di specificare le informazioni “importanti” che devono essere raccolte, informazioni che possono sembrare “scontate ed immediate” per gli addetti ai lavori (allenati a vedere subito errori sui loghi, nella comunicazioni, nel racconto delle risorse economiche, ecc.) ma che costituiscono patrimonio da apprendere per i “non addetti ai lavori”.

In questa prospettiva un visita di monitoraggio deve consentire, a nostro avviso, di perseguire, in sintesi, i seguenti obiettivi:

  1. monitorare un progetto nel dettaglio, raccogliendo tutte le informazioni strategiche per valutare il ruolo del finanziamento pubblico
  2. sensibilizzare, dando indicazioni sugli aspetti sui quali porre l’attenzione quando si visita un luogo, un progetto (e parallelamente quando si costruisce un progetto, una politica, ecc.
  3. informare e formare coloro che fanno il monitoraggio rispetto agli elementi che devono caratterizzare un finanziamento pubblico, anche in termini di comunicazione e racconto
  4. rendere consapevoli rispetto al valore aggiunto dell’attività di monitoraggio per se stessi, per gli altri e per il progetto
  5. fornire indicazioni su accorgimenti da prendere in considerazione quando si pensa, imposta, realizza e racconta un progetto
  6. suscitare interesse a continuare. L’esperienza di monitoraggio civico ci è piaciuta, e per alcuni si può parlare di vero e proprio entusiasmo, soprattutto per coloro che per professione o cercano di valorizzare le risorse pubbliche e/o trovano negli opendata un fattore strategico. E quando ci si entusiasma, quando si ha l’impressione che la cosa fatta possa essere un piccolo contributo al cambiamento, in positivo, spesso succede di voler continuare, di creare sinergie, di provare a lasciar libero sfogo (o quasi) ai progetti nel cassetto.

E questo clima, questa volontà è emersa in maniera chiara nell’incontro “post monithon” nel corso del quale si è deciso di continuare il lavoro di monitoraggio in particolare sui beni culturali, di continuare a collaborare con Monithon nel definire strumenti di monitoraggio sempre più specifici in funzione dei diversi progetti da monitorare e di provare ad avviare ragionamenti su come amplificare questa esperienza con il diretto coinvolgimento delle scuole.  Abbiamo provato a rimodulare la scheda di monitoraggio standard per rispondere  alle esigenze di monitoraggio civico sui musei ed ne abbiamo testato l’efficacia proprio durante il monithon del Museo Egizio (qui la scheda di monitoraggio dei servizi museali testata il 22 febbraio a Torino).

Forse non tutto sarà immediato, visibile da subito, ma una cosa è certa, la voglia di lavorare su questo tema è divenuta il principale fattore che ci accomuna oltre il fatto di condividere la massima di Bette Reese “Se sei convinto di essere troppo piccolo per essere efficace, allora non ti sei mai trovato nel letto con una zanzara“.

Gruppo Monithon Piemonte

piemonte@monithon.eu