Guida al monitoraggio civico – Tema: Ambiente – clima

Linee di indirizzo strategico dell’Accordo di Partenariato 2014-2020

L’importanza delle politiche europee volte a promuovere la mitigazione e il contrasto ai cambiamenti climatici è stata confermata dalle Conclusioni del Consiglio europeo del 7 e 8 febbraio 2013. La Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici (COM(2013) 216 final) introduce un quadro normativo mirato a rendere l’Unione Europea sempre più pronta ad affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici, attraverso un sostegno agli Stati Membri, alle organizzazioni transnazionali e agli operatori locali con adeguate azioni a livello regionale. I quattro pilastri fondamentali sono: 1) costruire una solida base di conoscenze sugli impatti e le conseguenze del cambiamento climatico, 2) integrare l’adattamento nelle principali aree di policy in Europa; 3) utilizzare strumenti di policy per garantire l’adattamento; 4) promuovere la cooperazione internazionale sull’adattamento.

La condizione di fragilità del territorio italiano dovuta alla sua naturale vulnerabilità e agli effetti prodotti dai cambiamenti climatici – enormemente accentuata dalle condizioni insediative – trova continue conferme nei danni che conseguono agli eventi meteo climatici o di origine sismica che, pur nella loro oggettiva gravità, vengono assorbiti con ripercussioni assai meno rilevanti in altri contesti territoriali e di sviluppo antropico. Questa consapevolezza è alla base della “Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”, i cui indirizzi sono stati approvati prima dal CIPE nel dicembre 2012 e successivamente dettagliati nel Documento del Governo sottoposto ad ampia consultazione pubblica nel periodo ottobre 2013-gennaio 2014 e definitivamente adottata nel 2015. I principi generali e i settori di azione individuati nella Strategia costituiscono la base di riferimento per molte delle azioni individuate, oltre nell’Obiettivo Tematico 5, anche negli altri Obiettivi Tematici (cfr. sezione 1.5.3). 

La riduzione dei rischi ambientali richiede la messa in campo di azioni in grado di determinare la necessaria inversione di rotta, a partire da un’attenta considerazione delle cause che hanno progressivamente aumentato l’esposizione a fenomeni dannosi, quali lo spopolamento di aree montane e collinari, la mancata manutenzione del patrimonio edilizio, l’abbandono di colture e di tecniche agricole e di allevamento tradizionali, l’eccessiva impermeabilizzazione dei suoli.

Il Paese sta affrontando questi rischi anche attraverso politiche e strumenti ordinari, per riportare al centro dell’attenzione l’obiettivo di ricostruire le condizioni essenziali per una presenza di popolazione e di imprese in territori che sono divenuti per lungo tempo poco attrattivi, ma che offrono enormi opportunità e costituiscono un motore potenziale per il rilancio dello sviluppo, anche attraverso una specifica strategia per le Aree interne inserita nel Programma Nazionale di Riforma. E’ inoltre previsto un apporto sostanziale alla riduzione del rischio idrogeologico a valere sulle risorse della politica nazionale di coesione interna (cd. Fondo Sviluppo e Coesione).

La politica di coesione e la politica per lo sviluppo rurale possono comunque contribuire a ricostruire le condizioni essenziali per il presidio del territorio da parte di popolazione e imprese focalizzandosi su risultati tangibili, ancorché circoscritti territorialmente e/o settorialmente anche attraverso il sostegno all’attuazione della Strategia per le Aree interne. 

Per quanto riguarda il rischio idrogeologico e di erosione costiera, è noto che il territorio italiano è quasi del tutto coperto da diversi strumenti di mappatura dei rischi frane, alluvioni e erosione costiera, coerentemente con il dettato della Direttiva 2007/60 CE (c.d. Direttiva Alluvioni), e dotato di sistemi per la loro valutazione, come il National Risk assessment – redatto dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri a maggio 2012, già inviato alla Commissione europea – che costituisce il quadro di riferimento per la politica nazionale e fornisce indicazioni sulle priorità di intervento. 

La politica di coesione sostiene gli interventi strutturali, individuati sulla base della valutazione dei rischi effettuata a livello nazionale e regionale, e si concentra sulla messa in sicurezza della popolazione esposta a rischio, prevedendo le opportune misure di adattamento ai cambiamenti climatici in atto, per aumentare la resilienza delle infrastrutture, anche in ambito urbano (green e grey options). Sono altresì sostenuti interventi per il mantenimento o il ripristino dei servizi ecosistemici, con interventi di realizzazione, manutenzione e rinaturalizzazione di infrastrutture verdi[1].

Con la politica di sviluppo rurale, si agirà per il recupero di una corretta gestione del territorio, ripristinando la funzionalità degli ecosistemi, mantenendo gli elementi tipici del paesaggio rurale e favorendo interventi di gestione attiva delle foreste, di sviluppo della forestazione, attraverso investimenti di miglioramento della viabilità forestale in quanto necessari per la gestione ambientale del bosco in relazione diretta con l’obiettivo di adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione del rischio idrogeologico o attacchi parassitari, la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi, l’utilizzazione ed esbosco del legname in modo sostenibile. In questo ambito gli investimenti relativi alla viabilità forestale dovranno avere un prevalente obiettivo ambientale volto a migliorare l’adattamento ai cambiamenti climatici.

La politica di sviluppo rurale dovrà sostenere anche forme di agricoltura sostenibile, attraverso misure agroclimatiche-ambientali e silvoambientali, nonché investimenti nelle imprese con finalità non produttive. 

Un’ulteriore sfida è posta dai processi di desertificazione e dalla salvaguardia degli ecosistemi, per la rilevanza che hanno in buona parte del Paese. In questo ambito saranno realizzate principalmente le azioni agro-climatiche-ambientali e silvo-ambientali finalizzate a incentivare colture e pratiche agricole e zootecniche per la razionalizzazione di prelievi e consumi e per l’aumento di sostanza organica nel suolo, nonché altre azioni utili a contrastare gli effetti degli squilibri climatici e della qualità dell’aria. Queste azioni dovranno essere sostenute da adeguati programmi di assistenza tecnico-economica e divulgazione delle informazioni presso le imprese agricole e forestali, allo scopo di diffondere maggiormente le colture e le pratiche agricole in questione. 

I processi di desertificazione possono essere contenuti attraverso la creazione di nuovi bacini di accumulo di acqua piovana, di piccola e media dimensione, finalizzati a convogliare le acque piovane in eccesso e a fornire con queste una irrigazione di soccorso a carattere aziendale, interaziendale o di piccole infrastrutture. Tali bacini di accumulo verranno finanziati con i Programmi Regionali se inferiori a 250 mila metri cubi e con il Programma Nazionale se oltre questo limite. I processi di desertificazione possono essere contenuti anche dall’adozione di varietà più resistenti agli stress idrici e di tecniche agricole mirate al risparmio dell’acqua che preservino una efficiente struttura del suolo. Nelle aree dove è maggiore il rischio di salinizzazione delle falde saranno promossi investimenti per evitare l’eccessivo sfruttamento delle stesse e favorire la diversificazione dell’approvvigionamento irriguo. Il supporto del FEASR andrà assicurato quindi ad azioni di investimento e agro-ambientali (dirette alla conservazione dell’acqua e alla gestione del suolo) che siano coerenti con tali scopi. 

La salvaguardia degli ecosistemi va garantita anche attraverso iniziative volte a sviluppare razze e varietà agricole tradizionali che appaiono minacciate da processi di abbandono, da un lato, e dalla diffusione di razze e varietà non adatte ai contesti locali, dall’altro. Nel contesto dei cambiamenti climatici in atto, tra i quali l’innalzamento della temperatura e la riduzione delle disponibilità idriche, la salvaguardia di razze e varietà autoctone tradizionali può rafforzare le capacità di adattamento dei processi produttivi e di allevamento e consentire la sopravvivenza delle aziende agricole, zootecniche e forestali.

In particolare le azioni agro-ambientali e silvo-ambientali, con particolare riferimento a quelle che consentono di prevenire gli effetti sull’erosione sul suolo, andranno preferibilmente attuate in modo da rendere più efficace l’adattamento alle mutate condizioni climatiche, coinvolgendo le aziende in maniera diffusa tramite approcci collettivi e integrati che coinvolgano gruppi di aziende nello stesso territorio. In questo senso anche gli investimenti non produttivi nelle aziende agricole (muretti a secco, ecc.), in particolare nelle zone declivi del Paese acquisiscono una forte priorità per la mitigazione degli effetti erosivi. Al riguardo le misure destinate a favorire la cooperazione tra operatori agricoli e forestali appaiono funzionali a coprire i costi di transazione derivanti da tali approcci.

Tutti gli interventi promossi dal FEASR per favorire la prevenzione dell’erosione e una migliore gestione del suolo, una migliore gestione dell’acqua e la salvaguardia degli ecosistemi è opportuno che siano accompagnati da programmi di consulenza e assistenza tecnica mirati su questi temi e concentrati in aree dove le criticità sono maggiori per garantirne l’efficacia.

Tutto il territorio italiano è a rischio incendi che provocano vittime e recano gravi danni al patrimonio strutturale, ambientale e culturale. In questo settore, fondamentale è una gestione attiva (sia delle superfici agricole che forestali), che operi sul fronte della prevenzione e nel ridurre la propagazione del fuoco. Per quanto concerne gli interventi preventivi, è importante assicurare la corretta gestione delle superfici pascolive, soprattutto quelle adiacenti alle aree boscate. In questo ambito, la prevenzione e il ripristino delle foreste danneggiate dagli incendi, dove autorizzato dalla legge quadro n. 353/2000, rappresentano una priorità cui destinare risorse finanziarie con un approccio plurifondo e con metodi che coinvolgano attivamente le comunità locali, sensibilizzando e formando le risorse umane in un’ottica di prevenzione e di difesa attiva. 

Altro fattore di rischio rilevante è quello sismico, dovuto alla elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi, alla pericolosità altissima per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale, in termini di perdita di vite umane, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti a seguito di un terremoto. Sulla base della valutazione dei rischi e attraverso l’individuazione e la caratterizzazione delle zone maggiormente soggette a instabilità (Microzonazione Sismica), saranno selezionate le priorità di intervento del FESR per la messa in sicurezza e l’adeguamento degli edifici strategici e rilevanti, funzionali anche alla riduzione del rischio vulcanico, e la realizzazione di sistemi di prevenzione e allerta precoce multirischio (sismico, vulcanico, incendi, idrogeologico).

Tutti gli interventi per la prevenzione e gestione dei rischi saranno individuati sulla base delle priorità indicate nei relativi strumenti di pianificazione e nel National Risk Assesment. Le azioni finalizzate alla prevenzione e alla gestione dei rischi idrogeologico e sismico dovranno, inoltre, essere strutturate e standardizzate in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

INTEGRAZIONE E COLLEGAMENTI CON ALTRE AREE TEMATICHE

L’Obiettivo Tematico 5 ha delle forti correlazioni con l’Obiettivo Tematico 6 “Preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse”, soprattutto per la presenza di azioni che hanno effetti congiunti con riferimento particolare alla gestione delle risorse idriche e alla tutela della biodiversità.

Le politiche indirizzate alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici sono poi integrate, oltre che in tutte le azioni dell’Obiettivo Tematico 7 “Promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete”, anche nelle azioni degli Obiettivi Tematici 1 “Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione”, 3 “Accrescere la competitività delle PMI”, 8 “Promuovere un’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori” e 10 “Investire nell’istruzione, nella formazione e nella formazione professionale per le competenze e l’apprendimento permanente”, attraverso il sostegno ad attività di ricerca o attività produttive per la riduzione degli impatti sul clima e per l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto o la creazione di specifici skills, anche nell’ambito della green e della blue economy.

In tema di adattamento ai cambiamenti climatici potranno, peraltro, essere trovate delle opportune complementarietà e sinergie tra il sottoprogramma “Azione per il clima” di LIFE nell’attuazione dei Programmi Operativi e dei progetti integrati.

Le politiche di prevenzione e mitigazione strutturale del rischio sismico e idrogeologico nelle aree colpite sono integrate da azioni finalizzate alla ricostruzione socio economica di cui all’Obiettivo Tematico 1 “Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione”, all’ Obiettivo Tematico 3 “Accrescere la competitività delle PMI”, all’ Obiettivo Tematico 4 “Sostenere la transizione verso un economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori”e all’Obiettivo Tematico 6 “Preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse”.


[1] Infrastrutture verdi: una rete di aree naturali e semi naturali pianificata a livello strategico con altri elementi ambientali, progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici. Ne fanno parte gli spazi verdi (o blu, nel caso degli ecosistemi acquatici) e altri elementi fisici in aree sulla terraferma (incluse le aree costiere) e marine. Sulla terraferma, le infrastrutture verdi sono presenti in un contesto rurale e urbano.” Da: Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa, COM (2013)249.