Guida al monitoraggio civico – Tema: Competitività delle imprese

Linee di indirizzo strategico dell’Accordo di Partenariato 2014-2020

La finalità generale di questo Obiettivo Tematico è il miglioramento della competitività del sistema imprenditoriale, comprensivo del comparto agricolo, agro-industriale, della pesca e dell’acquacoltura. Ad essa sono ispirati i singoli risultati che questo Obiettivo Tematico persegue, nonché le azioni specifiche che in quest’ambito si intende avviare. Il denominatore comune di questi risultati e azioni è rappresentato dal mettere l’impresa, in tutte le sue declinazioni, al centro delle politiche economiche. Tale obiettivo potrà essere perseguito dalla politica di coesione solo in collegamento con le politiche ordinarie, fra cui hanno particolare rilievo quelle fiscali e quelle rivolte al miglioramento della qualità dei servizi (in primis istruzione e giustizia), politiche che la spesa aggiuntiva per lo sviluppo non potrà sostituire. Ad assicurare il collegamento fra le due componenti di spesa pubblica, quella ordinaria e quella aggiuntiva per lo sviluppo regionale, devono contribuire azioni di governance delle politiche e degli strumenti, fra cui rientrano quelle finalizzate alla semplificazione delle procedure di interesse dell’attività d’impresa, alla trasparenza delle informazioni, alla certezza dei tempi di attuazione.

Inoltre, la politica di sostegno alla competitività delle imprese, nel perseguire la sua missione, terrà conto di tematiche trasversali che potranno determinare declinazioni specifiche dei risultati attesi, e ne informeranno il disegno e l’attuazione delle azioni. Ci si riferisce al principio della parità di genere, alla promozione dell’occupazione giovanile, alla tutela dell’ambiente, alla promozione dell’energia sostenibile da considerarsi anche come opportunità imprenditoriale in sé, alla valorizzazione del patrimonio culturale e della creatività che, in linea con le raccomandazioni contenute in numerosi atti del Consiglio europeo, vanno intesi come fattore di sviluppo in quanto occasioni di innovazione (tecnologica e non tecnologica), e per i loro effetti sull’occupazione. Con particolare riguardo per l’economia verde, in essa la politica di coesione vede un’occasione di migliorare il contesto in cui si svolge l’attività di impresa e, simultaneamente, di agevolare lo sviluppo di filiere e tecnologie produttive che, come quelle a matrice ambientale, offrono ampie prospettive di crescita. Costruendo sugli elementi qui presentati, le strategie di rafforzamento strutturale del sistema imprenditoriale saranno orientate dalle scelte contenute nelle Smart Specialization Strategies adottate ai diversi livelli territoriali. 

Come si è visto, la programmazione delle politiche di sviluppo per la competitività delle imprese per il ciclo 2014-2020 avviene in coda ad un lungo periodo di recessione, in cui il nostro Paese ha sperimentato un sostanziale calo dell’occupazione e degli investimenti, sia materiali che immateriali e in cui le imprese, confrontandosi con una stagnante domanda interna, tuttora incontrano forti difficoltà nell’accesso alle risorse del sistema finanziario. Il calo delle prospettive di investimento percepite dagli imprenditori e delle possibilità materiali di finanziarli, ha determinato un processo di selezione delle attività in tutti i settori che ha simultaneamente ridotto l’occupazione e stimolato un adeguamento e una razionalizzazione della base industriale. La politica di coesione deve inserirsi in questo processo di modifica strutturale rafforzando i suoi aspetti virtuosi, sostenendo la riqualificazione delle imprese esistenti verso standard tecnologici ed organizzativi adeguati, e facilitando l’ingresso di nuovi operatori economici in grado di raccogliere le sfide del mutato contesto.

La strumentazione di supporto alle imprese in passato non si è dimostrata in grado, se non in alcune sue componenti più evolute, di accompagnare questo mutamento strutturale. Di una gamma troppo ampia di strumenti teoricamente disponibili molti sono rimasti inattivi causando incertezza ed aspettative deluse; molti si sono rivelati troppo lenti e macchinosi laddove hanno imposto alle imprese oneri non commisurati alla complessità dei problemi che si proponevano di risolvere. Infine, anche per i limiti menzionati, la strumentazione di incentivo ha raggiunto un numero relativamente limitato di imprese, in genere di dimensione più elevata, in grado di affrontare la complessità, le incertezze e gli oneri associati ai suoi funzionamenti. Per questo, senza porsi obiettivi di riforma complessiva delle misure di policy, che sono al di fuori del suo mandato, la politica di coesione agirà attraverso un numero limitato di azioni utilizzando in modo più efficace le scarse risorse gestionali delle Amministrazioni responsabili di attuarle e delle imprese che si candidano a beneficiarne e massimizzando la capacità di intercettare progetti imprenditoriali meritevoli ed altrimenti privi di prospettive di realizzazione.

Nella sfera della coesione territoriale, la politica nazionale per la competitività delle imprese piccole e medie non identifica settori di intervento d’elezione, con eccezione per gli ambiti del turismo e dell’impresa sociale e per le politiche agricole e di sviluppo rurale in cui persegue una missione specifica. Le politiche di coesione ispirano i propri orientamenti strategici alla Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente, e pongono l’enfasi su condizioni trasversali per la competitività dei sistemi imprenditoriali come la dotazione di capacità umane, le risorse e le competenze digitali e i fattori che facilitano i processi di internazionalizzazione. 

La prima fase di attuazione delle politiche di coesione ha confermato la validità delle S3 quale dispositivo ordinatore degli interventi di promozione e sostegno all’innovazione ai vari livelli. Con l’adozione nel marzo 2016 della Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente (SNSI) anche l’amministrazione centrale dispone di una politica unitaria esplicita di indirizzo per i propri interventi di sostegno alla ricerca industriale e all’innovazione delle imprese. Per questo motivo, le risorse destinate all’Italia in virtù dell’aggiustamento tecnico per l’anno 2017 vengono indirizzate in misura significativa a sostenere l’attuazione di questa strategia. La programmazione aggiuntiva agisce in continuità con il quadro strategico pre-esistente, privilegiando quella componente nazionale di interventi di maggiore respiro e dimensioni che rispondono ad un fabbisogno di innovazione che altrimenti rimarrebbe insoddisfatto. L’attuazione degli interventi è demandata al programma nazionale Imprese e Competitività, la cui area di azione è perciò estesa a tutto il territorio nazionale. 

La politica per la competitività si innesta nella filiera del credito soprattutto come agente facilitante l’attivazione e l’indirizzo di risorse private verso progetti imprenditoriali meritevoli, ma che il sistema finanziario non riesce a servire a condizioni ragionevoli. Ha anche una forte connotazione territoriale nel senso che cerca laddove possibile di adattare le forme ed i contenuti dei suoi interventi a bisogni ed opportunità proprie di aree delimitate, in cui le specificità settoriali ed ambientali dei sistemi imprenditoriali richiedono alle istituzioni una risposta evoluta, integrata, e condivisa fra diversi livelli di governo.

Le azioni attivabili per il sostegno alla competitività delle PMI non agricole possono essere distinte in due ampie categorie: misure ad ampio spettro, rivolte a categorie di imprese ampiamente definite; misure più discrezionali e mirate per le tipologie di soggetti e territori a cui si rivolgono. La prima tipologia di misure individuerà le imprese destinatarie dell’intervento attraverso meccanismi competitivi, mentre la seconda rivolgerà l’intervento pubblico verso specifiche imprese, filiere o territori individuati, seguendo un approccio ad hoc, motivato da analisi e giustificato da scelte trasparenti e risultati attesi chiari. In entrambi i casi, le risorse prioritarie su cui investire ai fini dello sviluppo e della competitività saranno le risorse umane (competenze), le dotazioni e le capacità tecnologiche delle imprese (asset materiali e immateriali), la disponibilità di conoscenza e servizi avanzati, l’accessibilità al credito e al capitale di rischio.

Le misure di carattere universale saranno attuate in larga parte attraverso regimi di aiuto e strumenti finanziari e avranno come finalità: l’aumento delle competenze e della qualità del capitale umano, il sostegno agli investimenti (programmi di investimento di particolare rilevanza per il sistema produttivo), il supporto alle fasi di avvio e consolidamento di nuove iniziative imprenditoriali anche con finalità sociali ed afferenti al mondo cooperativo e la facilitazione dell’accesso al credito ed ai mercati finanziari per le PMI. 

Tra esse rientrano alcune azioni semplici e di rapida attivazione che, in virtù dei bassi costi che impongono sia alle imprese che alle amministrazioni, si pongono l’obiettivo di allargare la platea di imprese che riescono a raggiungere, includendo anche soggetti finora esclusi dalle misure di incentivazione. Anche le misure di facile accesso, tuttavia, dovranno comunque porsi risultati ambiziosi di modernizzazione strutturale della base produttiva, i quali andranno monitorati e valutati in modo assiduo e rigoroso. Alcune di queste azioni potranno essere definite in modo standard a livello nazionale per poter essere applicate con le stesse modalità in diverse aree del Paese e garantire così parità di trattamento alle imprese indipendentemente dal territorio in cui operano e dalle amministrazioni pubbliche che le gestiscono. 

Le misure più mirate e discrezionali, che assorbono risorse pubbliche di competenza e conoscenza molto elevate, nella fase di implementazione saranno invece orientate sia verso aree con potenzialità di sviluppo imprenditoriale, in funzione della possibile evoluzione degli scenari economici e tecnico-scientifici, che verso aree colpite da crisi industriali, da individuarsi al momento della definizione dei Programmi Operativi, attraverso l’adozione di strumenti, anche innovativi, che valorizzino i segnali di vitalità imprenditoriale e le potenzialità dei singoli territori. L’attivazione di tali misure, che risulta dagli orientamenti e dalle scelte contenuti nelle S3, è condizionata ad una chiara esplicitazione delle motivazioni che giustificano l’intervento. Anche al fine di stimolare logiche di rete tra imprese e di incentivare il ricorso alle tecnologie abilitanti e industriali in coerenza con il Programma Horizon 2020, le misure mirate individueranno i propri destinatari preferibilmente in base al ruolo che essi occupano all’interno di settori, aree tecnologiche, filiere produttive, fra le imprese in grado di esercitare un ruolo trainante sui sistemi produttivi di PMI.

Nel caso di interventi territorialmente mirati, le misure saranno, di norma, volte: al rafforzamento ed alla diversificazione della base produttiva; al sostegno a nuove attività economiche; alla riqualificazione professionale dei lavoratori, eventualmente accompagnati da interventi di rafforzamento della dotazione di infrastrutture e di servizi di interesse delle imprese, fra cui assume particolare rilievo la logistica, nonché da interventi di potenziamento dell’istruzione tecnica e professionale; al sostegno ai sistemi turistici. Ugualmente, dovrebbero essere sviluppate iniziative di valorizzazione del paesaggio rurale inteso come valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza, ma funzionale insieme al benessere ed alla competitività dei territori, soprattutto quando abbinato ai prodotti tipici e al turismo[1]. L’approccio di elezione, nel caso degli interventi territorialmente mirati, dovrà essere quello intersettoriale, che cerca occasioni di fertilizzazione reciproca fra settori tradizionali e ad alta tecnologia, fra industrie manifatturiere e industrie creative, culturali e turistiche.

I processi di internazionalizzazione dei sistemi produttivi che sono in corso potranno ricevere ulteriore impulso da interventi evoluti con cui la politica di coesione razionalizzerà le forme di supporto oggi in atto, e agirà per il consolidamento delle forme di internazionalizzazione più vantaggiose. Alla luce della tendenza spontanea alla globalizzazione degli investimenti e degli scambi, la dinamica da sostenere, e verso cui orientare l’intervento pubblico, non è la mera intensificazione degli scambi, ma l’affermazione del ruolo delle imprese italiane nelle fasi delle catene commerciali internazionali che incorporano maggior valore e maggiori contenuti di conoscenza. 

Il consolidamento e lo sviluppo dell’economia sociale e del no-profit sono parte integrante della strategia di rafforzamento della competitività dei sistemi imprenditoriali e dei territori. Le imprese sociali hanno la proprietà di recuperare ad un uso produttivo risorse – umane, ambientali, culturali spesso congiuntamente – altrimenti abbandonate e sotto-utilizzate con grave spreco economico e danno sociale. Le molte iniziative imprenditoriali in questo campo co-producono valori essenziali per la competitività dei territori sia di natura economica, come servizi alla persona relazionali e non standardizzabili, sia di tipo ambientale in senso ampio quali la tutela del territorio e del paesaggio, la legalità e la coesione fra i gruppi sociali e le generazioni. Il sostegno pubblico in questo campo verrà limitato a quelle imprese o istituzioni del no-profit che pongono in essere servizi e beni pubblici altrimenti non assicurati dal sistema imprenditoriale for-profit. La promozione dell’impresa sociale come cruciale veicolo di inclusione sociale è trattata anche in OT9, ma con un diverso e complementare approccio che ne riconosce l’ulteriore carattere di capacità e sensibilità nella costruzione progettuale a favore di categorie e individui fragili, argomento che in quell’ambito suggerisce l’opportunità anche di azioni di sistema (sul punto vedi la trattazione dell’OT9).

Due approcci innovativi caratterizzeranno la fase di attuazione degli interventi nel rapporto fra amministrazione pubblica ed imprese. Il primo riguarda azioni mirate a carattere negoziale per le quali si consente, e in alcuni casi si auspica, che si rivolgano direttamente a imprese-chiave, o a specifiche reti territoriali di imprese o filiere tecnologiche, laddove sia riconoscibile e dimostrabile che questi soggetti detengano le potenzialità di generare effetti diffusivi di rafforzamento di sistemi di PMI esistenti o di attrazione di investimenti nell’area. Il secondo, applicabile alle misure ad ampio spettro, consiste nel requisito, richiesto ai programmatori, di assicurare la fattibilità e la prevedibilità dei procedimenti competitivi per l’accesso a benefici ed incentivi, annunciando con congruo anticipo tempi, risorse e modalità di accesso per la selezione delle imprese beneficiarie, anche raccogliendo in modo trasparente e pubblico, come chiede il Codice europeo di condotta sul partenariato[2], le valutazioni dei potenziali beneficiari su metodi e contenuti di questi procedimenti prima che siano avviati. 

Per assicurare la sinergia fra interventi nazionali e regionali di supporto alla competitività dei sistemi di PMI e prevenire gli episodi di sovrapposizione e inefficienza riscontrati in alcuni casi del passato, nell’ambito della politica di coesione saranno convocate periodiche riunioni di coordinamento che vedano la partecipazione delle principali Autorità pubbliche nazionali e regionali responsabili per tali interventi. A questi tavoli di coordinamento, convocati dal Ministero per lo Sviluppo Economico nel contesto dell’attuazione del PON “Imprese e competitività”, parteciperanno ad un livello tecnico le Autorità regionali di settore responsabili per la gestione degli interventi di supporto alla competitività dei sistemi produttivi. Il loro mandato sarà di natura operativa comprendendo fra l’altro la sincronizzazione delle azioni intraprese ai diversi livelli, il coordinamento dei criteri di selezione dei beneficiari, la condivisione di basi dati di beneficiari e valutatori nel caso delle misure di aiuto.

Le difficoltà di accesso al credito per le PMI, la cui gravità è stata evidenziata nella precedente sezione 1.1.3, richiedono in risposta uno sforzo coordinato a livello nazionale che trascende la politica di coesione. Molte misure limitate nel tempo e nello spazio che in passato sono state applicate a questi fini hanno rappresentato nel migliore dei casi dei temporanei palliativi ad un deficit strutturale che ha radici oltre che nella crisi economica, nell’inadeguatezza di alcune componenti del sistema imprenditoriale e della filiera della finanza. Sul tema interferisce anche la governance europea del sistema del credito. L’approccio nazionale alla crisi creditizia si basa su strumenti finanziari anche associati ad altre forme di intervento per come previsto dall’art.37, comma 6 del regolamento 1303/2013. Al centro di tale strategia è il rifinanziamento, in larga parte a valere su risorse nazionali, degli strumenti di garanzia che hanno finora dimostrato maggiore efficienza, ed effetti di attivazione delle risorse finanziarie private. Fra questi spicca il Fondo centrale di garanzia per le PMI (L. 662/96), strumento flessibile e perciò orientabile verso porzioni del sistema imprenditoriale che sono allo stesso più meritevoli e più soggette a razionamento. Allo stesso tempo, nel quadro della più ampia strategia nazionale a cui contribuiscono, i Fondi strutturali intervengono per promuovere forme di finanza innovativa non creditizia oggi poco sviluppate come il venture capital e i mini bond, e per promuovere l’efficienza dell’intera filiera creditizia attraverso la standardizzazione e digitalizzazione dei processi.

Nel periodo 2014-2020 continuerà dunque la graduale transizione da strumenti e politiche tradizionali basati su contribuzioni a fondo perduto, verso strumenti rotativi di capitale di rischio, garanzie e prestiti, nonché forme miste di agevolazione anche nell’ambito di interventi attivati tramite strumenti finanziari. Questa graduale transizione verso strumenti finanziari anche a carattere innovativo finalizzati all’espansione del credito a favore delle PMI muove un passo significativo a livello nazionale con l’attivazione dell’Iniziativa PMI a valere su risorse FESR (art.39, paragrafo 2, lettera b) e proseguirà nel restante periodo programmazione nella misura in cui gli strumenti avviati mostreranno di assolvere correttamente le funzioni per cui sono stati concepiti. 

I criteri che guideranno l’intervento nella filiera della finanza e del credito sono:

  • rafforzare l’addizionalità dell’intervento pubblico utilizzando la metrica in uso al sistema bancario (rating o scoring) per escludere dall’intervento le imprese non razionate e quelle non meritevoli, e proporzionare le intensità di aiuto alla rischiosità delle imprese beneficiarie;
  • ridurre i costi e le inefficienze di sistema promuovendo l’uso di piattaforme digitali tramite le quali più amministrazioni possono condividere procedure, informazioni e rischi;  
  • sviluppare il mercato della finanza innovativa e di tipo non creditizio (capitale di rischio, mini bond) nel rispetto dei due criteri di cui ai punti precedenti, e massimizzando la leva finanziaria del contributo finanziario pubblico.  

Per quanto concerne le politiche di sviluppo rurale, per la pesca e l’acquacoltura, la strategia per il miglioramento della competitività del sistema agro-alimentare e forestale si articolerà in due componenti:

  1. il sostegno all’evoluzione strutturale e organizzativa per la competitività delle singole imprese dell’agricoltura, dell’agro-alimentare, del settore forestale, della pesca e dell’acquacoltura tenendo conto, in particolare, di criteri quali la sostenibilità ambientale, l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici, il benessere animale, la qualità della produzione, l’innovazione e la sicurezza del lavoro. Tale sostegno dovrà essere basato su un’attenta selezione delle iniziative proposte. La promozione dell’evoluzione strutturale e organizzativa dell’impresa include necessariamente anche le diverse forme di diversificazione dell’agricoltura verso attività collegate e complementari (multifunzionalità) che consentono all’impresa agricola di integrare il reddito aziendale in forma più o meno importante e che vedono coinvolti i membri della famiglia rurale come soggetti imprenditoriali. Tale sostegno va assicurato in tutte le aree, in ragione del fatto che la multifunzionalità dell’azienda agricola consente il mantenimento dell’agricoltura non solo nelle aree meno sviluppate, ma anche in quelle periurbane, dove lo sviluppo urbano sottrae costantemente suolo all’uso agricolo e riduce la base produttiva per la produzione di beni primari. Tuttavia, al fine di favorire una concentrazione delle risorse nelle aree con maggiori fabbisogni, occorre che i PSR regionali allochino nelle aree C e D una percentuale adeguata di risorse programmate per questo tipo di interventi e in ogni caso superiore al peso che queste aree hanno in termini di popolazione residente sulla popolazione regionale. Inoltre, il supporto alle iniziative di diversificazione nelle aree periurbane dovrà essere indirizzato prioritariamente verso progetti innovativi ovvero progetti che consentano il recupero/valorizzazione di territori o risorse lavorative sottoutilizzate. Tra le varie forme di multifunzionalità particolare attenzione va posta all’uso delle aziende agricole per l’agricoltura sociale: la strategia di intervento dovrà coinvolgere in primo luogo quelle realtà aziendali che operano in collaborazione con le istituzioni socio-sanitarie competenti per territorio;
  2. il potenziamento degli investimenti nelle filiere agricole, agro-alimentari, forestali, della pesca e dell’acquacoltura, con l’obiettivo di generare effetti diffusi sulla vitalità delle imprese e sul miglioramento complessivo della competitività dei territori.  

La strategia di sostegno all’evoluzione strutturale e organizzativa delle imprese agricole, agro-alimentari, forestali, della pesca e dell’acquacoltura, dovrà prevedere criteri di selezione che assegnino priorità settoriali o territoriali precise, in funzione dei fabbisogni che verranno individuati nella diagnosi settoriale di ciascun PSR ovvero, nella diagnosi settoriale del PO del settore pesca e acquacoltura.

L’intervento per sostenere l’evoluzione strutturale e organizzativa delle singole imprese punterà su quattro linee prioritarie:

  • il rafforzamento strutturale delle aziende agricole promuovendo l’innovazione, l’accesso al mercato e l’accesso al credito; 
  • l’internazionalizzazione del settore agricolo, agroalimentare, della pesca e dell’acquacoltura;
  • il ricambio generazionale e le politiche a favore dei giovani;
  • la salvaguardia del reddito aziendale, attraverso un Programma Nazionale di gestione del rischio.

Per ciò che riguarda l’internazionalizzazione, gli interventi FEASR si concentreranno su attività di formazione, consulenza all’impresa, informazione e promozione – svolte da reti di impresa, consorzi, associazioni di produttori, cooperative, organizzazioni interprofessionali e così via –  per favorire la competitività di prodotti di qualità sui mercati. Sarà data una particolare priorità a partenariati rivolti alla realizzazione di progetti pilota nel campo dell’internazionalizzazione. Essi saranno affiancati da interventi complementari sui servizi per l’internazionalizzazione con il supporto del FESR (cfr. azioni FESR rivolte all’internazionalizzazione).

Occorre favorire il ricambio nelle imprese agricole che abbiano qualche possibilità di “successione”, ovvero una prospettiva di continuità gestionale, cercando anche nuove strade per supportare l’ingresso nel mondo produttivo di giovani provenienti da altri settori, anche attraverso formule innovative, ovvero azioni di tutoraggio e attivazione di servizi di supporto (accesso al credito e alla terra) per lo start-up di nuove imprese. Le azioni in favore dei giovani potranno essere integrate in un “pacchetto giovani”, con lo scopo di offrire opportunità di combinare diverse misure nell’ambito di un piano aziendale, favorendo condizioni di accesso specifiche nelle zone di montagna o con maggiori svantaggi ambientali, dove la prosecuzione dell’attività agricola riveste notevole importanza anche dal punto di vista della salvaguardia del territorio. La scelta delle misure più opportune è demandata ai Programmi Regionali. 

In relazione alla gestione dei rischi in agricoltura sarà attuata una misura nazionale che permetta di contribuire, su tutto il territorio italiano, alla continuità e al consolidamento degli strumenti assicurativi esistenti e, contestualmente, consenta un riequilibrio di tipo territoriale, settoriale e dimensionale nella diffusione delle assicurazioni agricole. Inoltre, tale misura si propone, attraverso un’adeguata massa critica, di sostenere strumenti di gestione del rischio innovativi, quali i fondi di mutualizzazione, che risarciscono gli agricoltori delle perdite causate da eventi calamitosi di varia natura, e uno strumento di stabilizzazione dei redditi agricoli. Questi strumenti saranno affiancati da operazioni di trasferimento di conoscenze e azioni di informazione per favorire e incentivare le condizioni d’accesso alla gestione del rischio degli imprenditori agricoli, soprattutto nelle regioni del Centro e del Meridione. Allo scopo di incentivare l’adozione di questi strumenti proprio nelle regioni dove sono meno diffusi, il Programma opererà affinché gli operatori del settore siano continuamente formati ed informati sulle possibili evoluzioni dei fenomeni d’instabilità dei quadri climatici e sulle opportunità esistenti per contenerne gli impatti, con azioni di informazione, seminari ed eventi organizzati a livello locale dall’Autorità di Gestione del Programma Nazionale. Sarà fondamentale che nei PSR siano previste misure complementari al Programma Nazionale, quali il ripristino del potenziale produttivo agricolo danneggiato da calamità naturali e da eventi catastrofici, ivi comprese quelle derivanti da fitopatie ed epizozie, l’introduzione di adeguate misure di prevenzione, investimenti in ammodernamento ed efficientamento degli impianti produttivi, ecc. 

L’intervento sulle filiere sarà indirizzato verso tre categorie:

  • le filiere corte e, più in generale, quelle filiere che richiederebbero un “accorciamento” delle relazioni tra produttori e mercati, con vantaggi sia per il settore primario, in termini di maggior quota di valore aggiunto incamerato da esso, sia per i consumatori, in termini di qualità della produzione agro-alimentare. In particolare, nell’ambito degli interventi sulle filiere corte sarà data priorità ai progetti proposti da gruppi di imprenditori agricoli, della pesca e dell’acquacoltura (attraverso qualche forma associativa) che intendono migliorare la redditività dell’impresa privilegiando l’accorciamento delle relazioni con i mercati al dettaglio o la vendita diretta presso i consumatori. Tali progetti dovranno evidenziare i vantaggi per i componenti della filiera e gli altri effetti sulla valorizzazione dei prodotti locali e sull’ambiente; 
  • le filiere agricole e agro-alimentari, con particolare riferimento a quelle con un forte radicamento e riconoscibilità territoriale[3], che richiedono una migliore organizzazione delle relazioni ed un potenziamento della competitività attraverso investimenti di ammodernamento e razionalizzazione dei processi di produzione, trasformazione e commercializzazione, miglioramento della qualità dell’agro-alimentare, dei sistemi di produzione e dei metodi di allevamento. Oltre agli interventi sul capitale fisico delle aziende agricole e agro-alimentari, dovranno essere previste anche le opportune azioni di formazione e consulenza. Per migliorare la crescita di filiere efficienti occorre favorire gli strumenti aggregatividella componente agricola (Organizzazioni dei produttori, Organizzazioni interprofessionali, cooperative, reti d’imprese, ecc.), ma anche quelli che migliorano le relazioni interprofessionali tra le imprese. Sono compatibili interventi anche in favore delle grandi imprese nei casi in cui le stesse operino in settori considerati prioritari o necessitino di ristrutturazione. Per quanto riguarda le imprese forestali, il problema della frammentazione fondiaria può essere risolto con la creazione di strutture associative e consortili in grado di svolgere funzioni di gestione, e l’incremento e il sostegno ad una maggiore gestione pianificata, attiva e sostenibile, sia pubblica che privata; – le filiere non-food[4]

Gli interventi sulle filiere dovranno essere programmati in modo tale da garantire un giusto equilibrio tra il sostegno alle filiere corte e il rafforzamento delle filiere in generale. 

Le filiere agricole, agro-alimentari, forestali e quelle non-food potranno ricorrere alla forma del Progetto Integrato di Filiera (PIF), a forme di cooperazione nei processi produttivi e alle reti di imprese. Anche in tali forme di intervento la selezione dei progetti e delle singole operazioni deve seguire procedure competitive. Al fine di rimuovere i limiti alla competitività dei territori rurali e delle filiere agro-alimentari, soprattutto laddove vi siano vincoli strutturali esterni non superabili dalle singole imprese, saranno promossi servizi alle imprese, infrastrutture, reti logistiche, ecc. 

Per quanto riguarda il settore della pesca e acquacoltura, nel periodo 2007-2011 la riduzione in valore aggiunto è stata del 25 per cento. Pertanto, attraverso l’attuazione del FEAMP, ci si attende un miglioramento dei principali indicatori economici (aumento del valore aggiunto/addetto, aumento della produzione in valore, aumento/stabilizzazione degli addetti impiegati nei settori dell’acquacoltura e della trasformazione, aumento delle esportazioni).  

Gli investimenti dovranno essere finalizzati all’accrescimento della competitività e redditività delle imprese di pesca, compresa la piccola pesca costiera e il miglioramento delle condizioni di lavoro. In particolare verranno finanziati investimenti per la diversificazione, per l’avviamento dei giovani pescatori, la salute e la sicurezza degli operatori, gli interventi per accrescere il valore aggiunto e la qualità delle attività e delle produzioni, ivi compreso l’utilizzo delle catture indesiderate, investimenti nei porti, nei siti di sbarco e nei ripari di pesca, inclusi gli investimenti destinati a strutture per la raccolta di scarti e rifiuti marini.

Inoltre, il fermo temporaneo delle attività di pesca, che rappresenta una questione rilevante per la sostenibilità di lungo periodo del settore della pesca italiana, sarà sostenuto dal FEAMP nell’ambito di questo obiettivo. E’ previsto anche il sostegno di fondi mutualistici. 

Nell’ambito dell’acquacoltura gli investimenti dovranno puntare all’aumento della competitività e redditività delle imprese, al miglioramento della sicurezza e delle condizioni di lavoro, in particolare delle piccole medie imprese. Oltre agli investimenti per la diversificazione, l’accrescimento della qualità, la sicurezza e il sostegno ai nuovi operatori del settore, verranno finanziati interventi per l’ammodernamento, la salute e il benessere degli animali, le misure sanitarie per la salute e la sicurezza pubbliche, l’assicurazione degli stock acquicoli. 

Inoltre, il FEAMP potrà finanziare gli interventi per il miglioramento delle organizzazioni di mercato per la pesca e l’acquacoltura, inclusi piani di produzione e commercializzazione, gli interventi relativi alla trasformazione dei prodotti, gli aiuti al magazzinaggio e il sostegno al regime di compensazione.

Sono finanziati interventi per lo sviluppo tecnologico, l’innovazione e il trasferimento della conoscenza nella pesca e acquacoltura, ivi compresi partenariati tra esperti scientifici e pescatori e servizi di consulenza. 

L’attuazione dei suddetti obiettivi e interventi si inserisce anche nel contesto della Strategia EUSAIR.

Lo sviluppo della politica marittima UE e l’approccio integrato agli affari marittimi contribuiscono dal 2007 a potenziare la capacità dell’Europa di creare condizioni il più possibile adeguate per lo sfruttamento sostenibile degli oceani, dei mari e delle coste. Infatti, come dimostra l’esperienza maturata fino ad oggi, il miglioramento del livello di conservazione delle risorse e dell’ambiente è decisivo per il mantenimento dell’occupazione. 

In tale contesto, va riconosciuto il valore dei beni e dei servizi dell’ecosistema marino, così come quello delle acque interne, nonché la loro tutela come elementi importanti per lo sviluppo sostenibile. In questa ottica è necessario favorire la cooperazione nell’ambito degli affari marittimi a livello regionale e internazionale, ricordando inoltre che tutte le attività esercitate negli oceani e nei mari, comprese quelle della politica marittima integrata, devono essere realizzate in linea con il quadro giuridico istituito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) e da altre convenzioni internazionali in materia. 

Questi obiettivi devono essere perseguiti attraverso un’agenda dinamica per i mari e gli oceani che promuova il potenziale di crescita, la competitività e l’occupazione verso un’economia blu sostenibile, sostenendo lo sviluppo e l’attuazione di appropriate strategie integrate dei bacini marittimi e macroregionali quali piattaforme importanti per favorire la sostenibilità nelle regioni (es. Macro Regione Adriatico Ionica). 

Infine, si ricorda che la crescita dell’intera economia marittima deve essere rilanciata anche attraverso la riduzione degli oneri amministrativi e normativi che possono rallentare l’innovazione e gli investimenti verso le nuove tecnologie e strategie di sviluppo.

INTEGRAZIONE E COLLEGAMENTI CON ALTRE AREE TEMATICHE

Occorre assicurare un’adeguata correlazione e integrazione tra le aree tematiche: Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione, Agenda digitale, Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi, Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse, Competitività dei sistemi produttivi, Occupazione e Investimento nell’istruzione, nelle competenze e nella formazione permanente

L’area tematica “Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione” e gli interventi a sostegno della competitività delle PMI, contribuiranno all’attuazione della strategia di Smart Specialization, sia a livello regionale che nella sua composizione nazionale. La delimitazione del confine fra i due Obiettivi Tematici si basa sul criterio in base al quale, all’interno della strategia, il sostegno alla competitività delle PMI si fa carico in modo particolare degli interventi a supporto dell’imprenditorialità nelle sue varie forme. Le azioni a supporto della competitività dovranno integrarsi e coordinarsi con gli interventi di sostegno alla ricerca industriale anche di tipo collaborativo, di collegamento tra il mondo imprenditoriale e il circuito della conoscenza, e di promozione dei comparti del terziario in grado di agire da leva di innovazione degli altri settori, previsti dall’Obiettivo Tematico 1.

Le azioni a favore della competitività delle imprese che mirano a promuovere lo sviluppo di innovazioni con contenuto digitale potranno rafforzarsi agendo in sinergia con quelle – afferenti all’area tematica Agenda digitale – che intervengono nell’infrastrutturazione digitale dei territori, delle aree di insediamento industriale e delle aree rurali. L’infrastrutturazione digitale rappresenta, infatti, una pre-condizione per l’efficacia delle politiche di sviluppo imprenditoriale  per il miglioramento della capacità amministrativa delle PA, nonché una condizione abilitante per il miglioramento della produttività delle imprese e per una reale trasformazione dei processi produttivi. 

Un’integrazione importante con le aree tematiche volte a Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi e a Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse è riconducibile alla riduzione degli impatti ambientali del sistema produttivo (in particolare nella gestione dei rifiuti e delle risorse idriche), alla valorizzazione degli asset naturali e culturali e all’incremento della competitività delle destinazioni turistiche.

In relazione all’area tematica Occupazione, gli interventi a favore della competitività si integreranno, in particolar modo, con le azioni di politica attiva e passiva, con quelle per l’inserimento occupazionale nei settori che offrono maggiori prospettive di crescita, con gli incentivi all’apprendistato, tirocini e altre misure di integrazione istruzione/formazione/lavoro, con gli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, con le azioni di riqualificazione e di outplacement dei lavoratori coinvolti in situazioni di crisi collegate a piani di riconversione e ristrutturazione aziendale.Il collegamento con l’area tematica Istruzione, formazione e competenze è, infine, espresso dalla valorizzazione e dal rafforzamento delle competenze in relazione ai fabbisogni espressi dalle imprese. Questi fabbisogni di sostegno alla competitività dovranno informare ed indirizzare gli interventi di rafforzamento dell’istruzione tecnica e professionale, di finanziamento di stage e tirocini professionalizzanti, per la quota di essi che ricadrà sotto l’Obiettivo Tematico 10.


[1] Azioni rivolte al restauro e alla conservazione dei paesaggi tradizionali, qui descritte per il loro effetto sulla competitività dei territori rurali, potranno simultaneamente e senza contraddizione contribuire in modo importante anche ad altri obiettivi, quali il valore culturale, la biodiversità, la riduzione del rischio, l’adattamento al cambio climatico e la qualità della vita. 

[2] Commission Staff Working Document, The partnership principle in the implementation of the Common Strategic Framework Funds elements for a European Code of Conduct on Partnership, Brussels, 24.4.2012

[3] Si intende qui riferirsi a quelle filiere agricole e agro-alimentari localizzate in un determinato territorio, che danno luogo a prodotti sottoposti a un regime di qualità e relativi controlli da parte di un soggetto indipendente (regimi di qualità riconosciuti a livello comunitario e regimi riconosciuti a livello nazionale).

[4] Tra le quali quelle per la produzione di energie rinnovabili (reflui zootecnici e sotto-prodotti delle lavorazioni agricole e agro-industriali), la filiera foresta-legno, la floricoltura e altre (bio-plastica, biomateriali, mangimi animali, ecc.).