Cosa possono fare i QR codes per la trasparenza delle politiche europee

I QR codes, una tecnologia risalente agli anni ’90, sono stati a lungo considerati un fallimento.
C’è addirittura chi si è spinto a sostenere, come l’esperto di marketing Scott Stratten, che i QR codes uccidono i gattini 🙂

In realtà, dopo che WeChat ha inserito con grande successo un lettore di QR codes nella sua app in Cina, i famigerati codici sembrano essere tornati di moda.
Clay Shirky, autore del famoso libro Here Comes Everybody, dopo una visita a Shangai ha scritto un tweet giurando che i QR codes non solo funzionano perfettamente in Cina, ma sono secondo lui tra le cose che più si diffonderanno in futuro in quanto “essenziali in un mondo basato sulle tecnologie mobili”.

La vecchia tecnologia bidimensionale e a basso costo, nonostante la disponibilità di strumenti più sofisticati come NFC o RFID, sembra dunque rinascere grazie alla ricerca di nuove applicazioni.
Una in particolare ci sta molto a cuore e potrebbe dare una grossa mano alle nostre attività di monitoraggio civico: perché non inserire i QR codes nei cartelli dell’Unione Europea che segnalano la presenza di un progetto finanziato dai fondi strutturali?

reg2007-2013 Tutti potrebbero, fotografando il codice riportato sul cartello con il proprio smartphone, trovare il link alla pagina web dedicata a quel progetto, con tutte le informazioni rese disponibili dalle amministrazioni.
I QR codes metterebbero insieme, insomma, il mondo fisico rappresentato dal vecchio cartello (strumento di comunicazione obbligatorio secondo i regolamenti europei da molti anni) con la sempre maggiore disponibilità sul web di dati aperti sui progetti grazie ai portali open data come OpenCoesione.

La possibilità di accedere facilmente alle informazioni istituzionali sul progetto abilita quindi la possibilità per il cittadino non solo di informarsi ma anche di monitorare nel tempo l’andamento del progetto e i suoi risultati. Non solo: tramite app o web gli utenti possono collaborare con le amministrazioni fornendo dati non sempre disponibili nei sistemi di monitoraggio ufficiali.  Ad esempio, il semplice scan del QR code tramite smartphone dotato di GPS permette di rilevare e inviare automaticamente le coordinate geografiche del progetto.

Il nostro tweet del 17 agosto non è passato inosservato e ha destato l’attenzione della Commissione, che propone di discutere di questa idea alla quinta Conferenza europea sulla comunicazione pubblica, e altri cittadini e istituzioni.

Potrebbero essere due le modalità concrete con cui implementare i QR codes nel regno delle politiche europee:

1) Le amministrazioni generano i QR codes. L’autorità responsabile del portale nazionale sui progetti finanziati dall’Unione Europea (oppure, l’autorità di gestione di un singolo programma europeo) potrebbe generare i QR codes e chiedere  ai beneficiari – tramite le autorità di gestione – di includerli nei propri cartelli (che sono comunque obbligatori). I QR codes collegherebbero il cittadino alle pagine web ufficiali delle amministrazioni con i dati su quel progetto specifico (es., le pagine sui progetti di OpenCoesione). La stessa pagina potrebbe contenere un link a strumenti come Monithon per dare la possibilità all’utente di effettuare il monitoraggio civico dei progetti. Abbiamo già un candidato in Italia: il Programma Nazionale Ricerca (@PONREC) è interessato all’idea e potrebbe iniziare a sperimentare.

2) In attesa delle amministrazioni, iniziative indipendenti di monitoraggio civico come Monithon potrebbero generare loro stesse i codici, per poi stamparli su adesivi che i Screen Shot 2014-08-22 at 05.30.53cittadini possono attaccare ai cartelli. I codici connetterebbero l’utente alle pagine, ad esempio, di Monithon, dove sono disponibili i dati ufficiali (pescati da fonti governative tramite – nell’esempio, le API di OpenCoesione) ma anche strumenti per raccogliere il feedback dei cittadini.

Che ne dite? 🙂

2 commenti
  1. Lucio Picci
    Lucio Picci dice:

    Sono d’accordo, ma a mio avviso si dovrebbe chiedere prioritariamente “leggibilità” delle politiche pubbliche, prima ancora di codici identificativi. L’idea di un codice ha un senso se esso permette di risalire a un progetto ben definito e a una catena di responsabilità. Questi prerequisiti spesso non sono soddisfatti (al di fuori di contesti particolari, come quello dei fondi strutturali). Per maggiori dettagli, ne ho scritto qui (capitolo di libro): http://www2.dse.unibo.it/picci/legibility_mit_press-2012.pdf

    Avanti! un saluto, Lucio

    Rispondi
    • Luigi Reggi
      Luigi Reggi dice:

      Grazie Lucio, sono d’accordo!
      I fondi strutturali sono in effetti un terreno favorevole per i monitoraggi “civici”, ed è per questo che con Monithon partiamo da lì per iniziare a sperimentare.
      Aggiungo che non di rado anche i progetti finanziati dai fondi strutturali mancano di “leggibilità”, e molto lavoro c’è da fare sui sistemi di monitoraggio delle amministrazioni e sulla qualità dei dati raccolti.

      Rispondi

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